Mattarella firma con predica. Salvini: “Ciapa lì e porta a cà”
Parigi val bene una messa. Dove «Parigi», stavolta, sta per via libera al «decreto sicurezza» da parte del presidente della Repubblica.
Ma anche, primo smacco concreto che Matteo Salvini rifila ai suoi personali «gufi».
Gioia esternata su Facebook in tempo reale, con il consueto stile unfitting del ministro dell’Interno: «Finalmente dopo tre mesi di lavoro… ma anche tre mesi di insulti, minacce, denunce, bugie, abbiamo il decreto. Mattarella ha firmato pochi minuti fa il dl Sicurezza di quel cattivone di Salvini. Settimana prossima il Parlamento comincerà a votare… Queste decine di articoli, dal nostro punto di vista, porteranno più sicurezza nelle strade. Finalmente, dopo tante polemiche, dopo che i giornali, soprattutto quelli di sinistra, dicevano che Salvini non ce la farà mai, Mattarella non firmerà mai il decreto… Ciapa lì e porta a ca’, se dise a Milàn».
Prendi e porta a casa, dunque. Anche perché la firma del capo dello Stato è arrivata dopo un riservatissimo incontro con Salvini al Quirinale, l’altra sera, e conseguente «limatura» da parte degli uffici di alcuni aspetti del decreto che non convincevano affatto il Colle. Così, in questa guerra a bassa tensione, fatta di sottigliezze e di merletti, Mattarella ha voluto informare direttamente il premier Giuseppe Conte dell’avvenuta firma con una lettera che non ha risparmiato al governo un supplemento di attenzione. Appunto, la «messa» di cui sopra: un predicozzo nel quale il presidente, precisando di «sentirsi in obbligo di sottolineare», richiama un elemento formale e scontato, tanto che è scritto nella Relazione di accompagnamento al dl. E cioè che, «anche se non richiamati espressamente nel testo normativo, restano fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato e, in particolare, quando disposto dall’art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia». Segno, anzi segnale alla maggioranza, di una fiducia con riserva, di un «distinguo» e di una responsabilità che, in questo caso, il premier Conte sarà chiamato ad assumersi: ovvero che l’applicazione del decreto da parte delle Prefetture non travalichi mai quanto previsto nella Carta sia riguardo ai trattamenti umanitari, sia le norme sull’estradizione.
Dunque non era stato forse poi così «cordiale e positivo», l’incontro che il Quirinale non smentisce e la Lega conferma. Del quale, anzi, Salvini ha riassunto pubblicamente (sempre nella diretta Facebook) anche il succo, sempre alla sua maniera. «L’ho spiegato a Mattarella… noi rispettiamo la Costituzione, le convenzioni e i trattati internazionali, ma non possiamo passare per fessi. Mattarella richiama l’art. 10, ma io li voglio rispettare tutti gli articoli, dal primo all’ultimo. Prima gli italiani, però… è mio dovere rispondere alle vostre richieste e i vostri diritti, voi che mi pagate… Se un richiedente asilo sbarca qui, fa domanda di asilo politico e nel frattempo spaccia droga, picchia un poliziotto, scippa un anziano, molesta una bambina, viene immediatamente convocato dalla commissione prefettizia che gli dice: Caro mio, tu non sei un profugo, sei un delinquente, primo aereo, primo barcone, primo pedalò, prima mongolfiera, a casa…».
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