Tria “imbavagliato” studia l’addio

Roma Le spese ballerine, la guerra dei numeri, il braccio di ferro tra Lega e Cinquestelle sulla distribuzione delle risorse, l’imbarazzo di chi, come Giovanni Tria, si trova a dover dipanare la matassa e mettere il timbro su un documento che fornisca le cifre definitive e ufficiali su cui il governo potrà contare per realizzare le proprie proposte elettorali.

Il giorno dopo l’episodio del cosiddetto «bavaglio», ovvero la conferenza stampa in cui Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio evitano di rispondere alle domande dei giornalisti e il solo Tria si ferma per pochi istanti a parlare per poi essere bloccato con mossa rapida e gentile dalla portavoce del vicepremier leghista, il ministro dell’Economia semina ragionevolezza.

«Se ci sono delle regole che sono state sottoscritte, uno può decidere di non rispettarne alcune, l’altra parte è legittimata a dire che le regole sono state violate. Non ci si può offendere, bisogna spiegare il perché e quali sono gli obiettivi» dice il titolare di Via XX Settembre riferendosi allo scontro con l’Europa sul Def. «Su queste cose ci giochiamo il futuro, il futuro dei nostri giovani. Il complesso delle politiche europee e italiane devono essere discusse con calma e bisogna convincere tutti i Paesi che dobbiamo andare verso unità e sostenibilità sociale».

In mattinata Tria deve anche fare i conti con l’affondo del Fatto Quotidiano, il giornale più vicino ai Cinquestelle che veicola un’ipotesi di rimpasto di governo che prevede la rimozione dello stesso ministro dell’Economia e un ingresso in corsa nell’esecutivo dell’altro golden boy pentastellato, Alessandro Di Battista. Una mossa che avrebbe probabilmente l’obiettivo di offrire un rinforzo ai grillini per contrastare la forza mediatica di Salvini. Lo stesso Di Maio frena, però, queste voci. «Non c’è nessuna ipotesi di cambio di squadra e poi squadra che vince non si cambia, siamo ancora più determinati», commenta soprattutto sulle voci di possibili dimissioni di Tria, voci che riemergono periodicamente ma non sembrano al momento suffragate da elementi di sostegno reali. Il titolare dell’Economia, infatti, nonostante la distanza anagrafica e culturale dall’esecutivo vuole perseguire il suo obiettivo e non intende passare la mano, a meno di strappi e offese intollerabili.

Tria al momento deve affrontare l’ultimo miglio della Nota di Aggiornamento al Def, un documento che dovrà affrontare le forche caudine dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio prima, della Commissione Europea e delle agenzie di rating. Un ultimo miglio in cui deve fare i conti anche con la grande battaglia tra i partiti di governo sulla ripartizione delle risorse tra i rispettivi cavalli di battaglia. Quanti soldi verranno investiti sul reddito di cittadinanza? Quanti sulla modifica della Legge Fornero? Se Salvini parla di 7/8 miliardi al Carroccio e altrettanti ai Cinquestelle, dalle parti di Di Maio si dà per scontato che per le istanze pentastellati ce ne saranno 10. Numeri che delimiteranno il perimetro della manovra e su cui Tria dovrà sottoporsi al giudizio definitivo di Bruxelles.

IL GIORNALE.IT

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