L’Onu e la missione di Urmila Bhoola: così cerca schiavi in Italia, non in Africa
I casi sono due: o la legge sul capolarato, approvata nel 2016 tra gli squilli di tromba del centrosinistra, non ha prodotto alcun effetto, o all’ Onu pensano solo a bastonare l’ esecutivo giallo-blu per colpire Matteo Salvini, colpevole di aver stretto le maglie dell’ immigrazione. Diversamente non si spiega la missione italiana di Urmila Bhoola, relatore speciale delle Nazioni Unite sulle «forme contemporanee di schiavitù», che da ieri e fino al 12 ottobre batterà in lungo e in largo il nostro Paese per «raccogliere informazioni di prima mano sulle condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori migranti operanti nel settore dell’ agricoltura».
BLITZ NEI CAMPI – Al Palazzo di Vetro non bastavano gli operatori di Michelle Bachelet, l’ Alto commissariato per i diritti umani, che il mese scorso ha annunciato l’ invio in Italia di «personale» incaricato di fare luce sui presunti «atti di violenza e di razzismo contro migranti, persone di discendenza africana e Rom». Adesso tocca all’ avvocato sudafricano, che invece di mettere nel mirino i Paesi dove è più alta la prevalenza della «moderna schiavitù» – ovvero, come emerge dall’ ultimo rapporto del Global slavery index, i Paesi dell’ Africa, del Medio Oriente e del sud-est asiatico, non certo l’ Europa – passerà dieci giorni in Italia per capire cosa stia facendo il governo italiano per raggiungere il «traguardo 8.7 degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite».
Quel documento, approvato nel settembre del 2015 e noto, in modo enfatico, come l’«Agenda 2030» dei 193 Paesi membri dell’ Onu, al punto in questione prevede appunto di «adottare misure immediate ed efficaci per sradicare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù moderna e traffico di esseri umani e raggiungere la proibizione e l’ eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile».
Così Bhoola, di pari passo con la collega Bachelet, ha pensato bene di programmare una visita ufficiale in Italia, dove incontrerà i lavoratori delle aree di Rosarno (Calabria), Latina (Lazio) e Foggia (Puglia), le zone dove è più alta la concentrazione di lavoratori stagionali immigrati. “Inchiesta” durante la quale il funzionario Onu ascolterà anche i «rappresentanti della società civile» e delle «organizzazioni internazionali».
A spingere il relatore del Palazzo di Vetro ad agire, si legge nel Giornale italiano delle Nazioni Unite, «l’ elevato numero di sbarchi di migranti sulle coste italiane nel 2016» – l’ anno del record, con 181.436 arrivi – che «ha provocato un innalzamento del numero delle “persone vulnerabili” sul territorio, facile preda di mafie e sfruttatori».
NORMA FANTASMA – Eppure nell’ autunno del 2016 l’ Aula di Montecitorio aveva messo il timbro sulla legge sul «contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo», meglio conosciuta come norma «anti-capolarato». Legge approvata tra l’ esultanza del centrosinistra: «Mai più schiavi nei campi» (Maurizio Martina); «Una grande giornata per il lavoro, per la tutela dei diritti e le persone più deboli» (Andrea Orlando). Eppure è pronto l’ efficacia dell’ impianto normativo che Bhoola – oltre alla facilità delle vittime dello sfruttamento di poter accedere alla «giustizia» – intende verificare nel corso dell’ ispezione.
Ieri Bhoola è stata ricevuta alla Farnesina dal sottosegretario Manlio Di Stefano, che ha illustrato al relatore Onu «lo stato della legislazione italiana su traffico di esseri umani, minori stranieri non accompagnati e contrasto al “Caporalato”. Per il governo la lotta a questi fenomeni è una priorità». Basterà a Bhoola?