Pd crollato? I big si radunano a Genova

Roma – Il cambio di passo del «nuovo» Partito democratico si riassume nell’attivismo, improvviso e per molti inaspettato, di Maurizio Martina.

A luglio era stato incoronato «reggente» per traghettare il partito al congresso. Domenica, però, molti dei dirigenti assiepati nel retropalco di piazza del Popolo hanno avuto la sensazione che il «reggente» abbia iniziato a crederci. Non soltanto l’enfasi delle sue parole, quel tentativo di concionare con veemenza contro il governo, non soltanto quelle citazioni di James Corbyn che hanno risvegliato la minoranza dal suo torpore, ma anche quel voler chiedere alla piazza di ritrovarsi sotto un unico vessillo dell’unità, hanno dimostrato la sua voglia di essere protagonista attivo della scena politica. D’altronde non aveva voluto altri big accanto. Basta personalismi, basta prime donne: testa bassa e pedalare. Anche se è difficile pedalare, come maliziosamente ha suggerito il consigliere dei Cinque Stelle, Cosimo Ettorre, che ha definito piazza del Popolo un ricovero di malati di Alzheimer. Affronto che ha suscita le ire indignate di tanti esponenti del Pd.

Martina però guarda avanti e già pensa all’incontro in programma giovedì quando incontrerà le parti sociali per trovare un’idea di quello che potrebbe diventare il piano economico-sociale del governo ombra. Poi sarà a Genova venerdì dove presiederà la segreteria nazionale. «Dobbiamo – spiega Martina in una di lettera aperta agli iscritti – verificare la tenuta delle nostre proposte su giovani, famiglie, lotta alla povertà casa e investimenti per la crescita». La scelta di Genova ovviamente non è casuale: è qui, spiega il segretario dem, che il governo ha mostrato tutta la sua inadeguatezza. L’attivismo di Martina, però, non si ferma a Genova. Domenica sarà ad Assisi per la tradizionale marcia della pace. «C’è una battaglia di valori – dice – da portare avanti e dobbiamo essere all’altezza di questo impegno». Su questo si trova in linea con l’ultimo segretario del Partito comunista. Achille Occhetto non ha dubbi: il futuro del Pd non è l’ennesima trasformazione proposta da Matteo Orfini («chiuderlo per far nascere un nuovo soggetto»). «Deve solo ridefinirsi – spiega Occhetto – Deve trovare nella cittadinanza attiva una nuova alleanza democratica che vada oltre il Pd». Occhetto, però, vola alto. Parla di temi e valori. Mentre i dirigenti del Nazareno sono più concentrati a trovare la quadra per le candidature al prossimo congresso. I renziani non hanno sciolto la riserva. E la loro condizione di difficoltà si riassume paradossalmente proprio nelle parole di «apertura» pronunciate da Renzi nel retropalco di piazza del Popolo in favore di telecamere e microfoni. «Chiunque sia il prossimo segretario, il partito deve essere unito nel sostenerlo». Ieri al Tg3 lo stesso segretario assicurava che le primarie ci saranno e che tutto (primarie e congresso) si consumerà prima del voto europeo. Chi sta già affilando le armi in vista del congresso è Cesare Damiano, che vuole rivitalizzare l’ala movimentista. Quello che serve ora, sussurrano però a mezza bocca gli orfani di Renzi, è un candidato in grado di ostacolare la marcia trionfale del governatore del Lazio. Nicola Zingaretti, infatti, sembra non avere rivali per la segreteria ora che Graziano Delrio si è sfilato dalla corsa.

IL GIORNALE.IT

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