L’effetto del decreto Di Maio: crescono i precari
Roma – Le previsioni economiche non aiutano il governo in carica. Continuano i segnali negativi, ieri ad esempio l’indice Pmi del settore manifatturiero, che anticipa una possibile recessione in Italia.
Vanno un po’ meglio i dati sull’occupazione che è aumentata ad agosto, grazie soprattutto ai contratti a termine. Circostanza che ha portato il vicepremier e ministro del Lavoro Luigi Di Maio a giudicare negativamente una delle poche buone notizie sfornate dall’Istat negli ultimi tempi. «Non voglio usare questi numeri per dire che le cose vanno bene o male, è un numero che ha dentro ancora troppo precariato e sfruttamento. Va bene questo numero, ma c’è ancora tanto da fare per creare lavoro stabile»
La novità di ieri non è tanto la diminuzione della disoccupazione in sé, ma l’aumento degli occupati dopo due mesi di calo. In agosto sono cresciuti di 69mila unità, portando il tasso di occupazione al 59%. Questo mentre la disoccupazione scende sotto quota 10%, attestandosi al 9,7%, sui livelli di inizio 2012. Su questo ultimo dato incidono però gli scoraggiati, quindi i residenti in Italia in età da lavoro che non cercano un’occupazione.
Sono dati estivi. Infatti, a trainare l’occupazione sono stati i contratti a termine, che ora sono quota 3,14 milioni si portano sui massimi da quando esistono le serie storiche Istat. Altra possibile causa dell’aumento dell’indice, ha segnalato Confersercenti, «la corsa al rinnovo e alla proroga» innescata dall’approvazione del Dl Dignità, pubblicato a luglio con la previsione di un periodo di transizione fino al 31 ottobre per i contratti già esistenti. Motivo per cui è probabile che numero di lavoratori a tempo determinato continui a crescere «a ritmi sostenuti» anche nei mesi di settembre ed ottobre. In sostanza è stato proprio il decreto del governo gialloverde a dare una spinta all’occupazione, ma solo a quella precaria.
I segnali non vanno comunque sopravvalutati. Per Confcommercio serve «cautela, in quanto il rallentamento dell’economia in atto da alcuni mesi potrebbe non essersi ancora trasferito al mercato del lavoro».
Le cattive notizie potrebbero quindi arrivare. E un a conferma arriva dall’indice Pmi di Ihs Markit. Importante perché è un sondaggio sulle piccole imprese e anticipa indicatori più conosciuti come gli ordinativi. L’Italia ha registrato a settembre un altro calo dopo quello di agosto. L’indice ha raggiunto il valore di 50, in leggera discesa da 50,1 del mese precedente.
L’Italia è ormai sulla soglia al di sotto della quale la recessione è cosa certa. Anche in questo caso siamo i peggiori dell’Eurozona. Italia si è posizionata all’ultimo posto tra i paesi dell’area dell’euro. La Francia ha riportato una forte espansione delle previsioni sul settore manifatturiero, anche se al tasso più debole in tre mesi. Di contro, Irlanda e Austria hanno registrato forti tassi di crescita mentre è stato osservato un solido incremento persino in Grecia. Il migliore risultato è quello della Germania.
IL GIORNALE.IT