Ministro Tria, ci vuole onestà politica e intellettuale prima di tutto. Presidente Mattarella, glielo ricordi!

Le contorsioni del Ministro Giovanni Tria, non solo, ma soprattutto per la riforma che rende operativo il Reddito Di Cittadinanza, potrebbero trovare una qualche ragione per via del suo ufficio di guardiano dei conti italiani.

Per ricoprire tale ruolo – non bisogna dimenticarlo – Tria è stato indicato concordemente da M5S e Lega, dopo che il Quirinale aveva posto un veto, per molti immotivato, a Savona, attuale Ministro Per gli Affari Europei.

Tuttavia, dopo che, andando oltre i suoi compiti, ha perorato la causa per far le grandi opere, tipo TAV e TAP, sorge un più che giustificato dubbio che il problema reale sia non tanto il reperimento delle risorse finanziarie, quanto piuttosto inconfessabili motivi politici.

Se infatti il Ministro Tria, dando il sostegno pubblico alla realizzazione delle grandi opere, mostra che i fondi ci sono anche per esse, che molti giudicano inutili e costosissime, come può, sostenere che invece non ci sono per il Reddito Di Cittadinanza?
Ci sembra una incoerenza di evidenza solare.

Ma soprattutto il Ministro Tria deve considerare un’altra contraddizione, persino più grave.

Il Ministro non poteva non sapere, nel momento in cui aveva accettato l’incarico, quali errano le più importanti riforme di carattere economico sociale che avrebbero avuto un impatto assai rilevante sul bilancio dello Stato italiano, riforme considerate essenziali e caratterizzanti dalla maggioranza politica che ha dato il voto di fiducia al Governo Conte.

Tali riforme erano indicate con precisione nel Contratto di Governo, che lo stesso Tria ha sempre dichiarato di conoscere molto bene:
d’altra parte, potrebbe mai essere diversamente?

Se Tria aveva forti dubbi sulla realizzabilità finanziaria di riforme come il Reddito Di Cittadinanza, aveva il dovere, etico, prima ancora che politico, di persona semplicemente seria, di declinare l’invito rinunciando alla poltrona di Ministro dell’Economia.

Come può una persona seria accettare un incarico di governo avendo il retro pensiero che però non potrà realizzare la più importante delle riforme economiche della maggioranza politica che lo ha indicato e poi gli ha dato la fiducia?

E se così non fosse, in quanto questa consapevolezza è sopraggiunta una volta entrato nel vivo dei problemi, avrebbe l’imprenscindibile dovere, per senso di responsabilità e per correttezza etica e politica, di rassegnare le dimissioni.

Se il Prof. Tria, invece, per appagare la sua sete di potere ha posto in essere un comportamento incoerente e – da ogni punto di vista – più che riprovevole, non merita alcun rispetto e ne risponderà sul piano etico e politico agli italiani.

Se gli italiani dovessero riscontrare che l’onestà politica e intellettuale non gli appartiene, ai loro occhi apparirebbe non come un servitore dello Stato, ma come uno cura esclusivamente i suoi interessi personali di ambizione politica e di uso politicamente spregiudicato del potere.

Il Presidente Mattarella, di fronte al quale il Prof. Tria ha prestato giuramento al momento del conferimento dell’incarico ministeriale, da persona retta e integerrima quale è, dovrebbe ricordargli gli elementi essenziali di un corretto agire politico da parte di chi è chiamato ad essere un vero servitore dello Stato.

 

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