Reggio, clandestino espulso: giudice dice no, “si curerà in Italia”
Una sentenza che sta facendo nascere forti polemiche quella pronunciata dal giudice di pace di Reggio Emilia Silvia Tanzi.
Una decisione che potrebbe avere forti ripercussioni anche nel futuro più prossimo, per il fatto che viene a costituire un preoccupante precedente.
Il provvedimento riguarda un 35enne georgiano, clandestino e con numerosi precedenti alle spalle, pronto finalmente a lasciare il nostro paese a seguito del decreto di espulsione emesso nei suoi confronti, risolutivo per allontanare un criminale dai confini nazionali.
Ma qui arriva il colpo di coda del suo avvocato Ernesto D’Andrea, che impugna la sentenza e decide di opporvisi facendo ricorso dinanzi al giudice di pace. Il suo assistito, infatti, con trascorsi di tossicodipendenza alle spalle, è stato colpito da epatite C, malattia a causa della quale si trova in cura presso l’Ausl di Reggio Emilia.
Questo è un motivo più che sufficiente per chiedere l’annullamento del provvedimento di espulsione, basta appellarsi alla sentenza della Corte Costituzionale n°252 del 2001. Questa determina il diritto alla salute come “diritto strettamente inerente alla persona umana che compete a tutti, anche agli stranieri qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso e il soggiorno nello Stato”. Se ciò non bastasse, a portare ulteriormente acqua al suo mulino, l’avvocato D’Andrea convoca tra i testimoni proprio un medico dell’Ausl che ha in cura il clandestino 35enne. L’uomo, come riportato da “Il Resto del Carlino”, ha dichiarato che “l’interruzione delle terapie comporterebbe aggravamenti e complicazioni. E non vi è la prova che nel paese d’origine potrebbe ricevere adeguati supporti”.
Prefettura e Questura tentano di opporsi alla richiesta di annullamento del decreto di espulsione, presentando un ricorso, correlato di dettagli. “Le sue condizioni non gli impediscono di commettere reati. Inoltre, la patologia di cui è sofferente non è considerata ostativa a un rimpatrio presso il paese d’origine in quanto la Georgia è un paese avanzato dal punto di vista medico.”
Tuttavia il clandestino non vuole tornare in patria, pur con moglie e figli ad attenderlo, ed il medico convocato dal suo avvocato D’Andrea ha voluto approfondire il punto toccato nel ricorso presentato da Questura e Prefettura.“Quel tipo di cure sì esistono, ma non sono facilmente accessibili nella nazione caucasica”, dunque il 35enne rischierebbe la vita a far ritorno in patria.
Ecco spiegata la sentenza del giudice di pace Silvia Tanzi, che straccia il decreto di espulsione: ” Non può essere espulso perché deve curarsi. Il diritto alla salute viene prima di tutto. Ha il diritto riconosciutogli dalla Costituzione Italiana di potersi curare prima di fare rientro in patria”.