Strage del Natisone, le due vittime Bianca e Patrizia vestite da sposa nella camera ardente

“Bloccati dalla paura”. Così, i testimoni oculari che hanno visto i tre ragazzi prima di morire. Eppure, il fiume Natisone non aveva ancora ricoperto l’isolotto dove si trovavano. Nell’immagine scattata si vedono Cristian Cristian Casian Molnar., Patrizia Cormos e Bianca Doros  immobili sopra la porzione di terra, tanto che alcuni si chiedono perché non si siano mossi. Cerchiamo di capirlo insieme. Intanto è stata aperta la camera ardente a Udine per Patrizia, di 20 anni, e Bianca, di 23 anni, le due ragazze di origini rumene morte nella piena del fiume Natisone insieme ad un loro amico Cristian, ancora disperso. I corpi delle due giovani sono stati vestiti da sposa, come vuole la tradizione della Romania. La camera ardente resterà aperta martedì 4 giugno fino alle 18.30 e anche mercoledì fino alle 16. Poi le due salme partiranno alla volta della Romania dove verranno celebrati i funerali a Tarna Mare, in Transilvania.

Perché erano abbracciati

C’è una scena che è rimasta impressa nella mente di tutti ed è quella in cui i tre ragazzi si abbracciano: secondo quanto si apprende, “il vigile del fuoco che era a terra (sulla barca diretta verso di loro) gli ha suggerito di stare insieme, di essere più forti, di opporsi e contrastare con forza la corrente”, ha raccontato Michele De Sabata, sindaco di Premariacco. I vigili del fuoco hanno tentato di salvarli lanciando dall’alto una corda, ma i giovani non sono riusciti ad afferrarla. I soccorritori hanno allora provato ad utilizzare una scala tesa sul fiume, ma invano. Ma c’è un fattore, in particolare che ha contribuito alla morte ed è l’effetto freezing.

Cos’è l’effetto freezing e quanto dura

«Probabilmente è stato uno spavento molto grande che li ha paralizzati – commenta Crina Suceveanu, giornalista romena in Italia -. L’acqua ha cominciato ad arrivare. Hanno pensato: “Cosa facciamo adesso, dove andiamo?”. Inizialmente la distanza che li separava dalla riva era solo di pochi metri. L’acqua fredda gli arrivava già alle ginocchia e li batteva forte. Ma congelati dalla paura, i giovani non hanno osato percorrere i pochi metri che li separavano dalla zona sicura, circondata da cespugli, vicino alla riva. Forse è stato determinante anche il fatto anche che le ragazze non sapessero nuotare, come dicono i parenti». Quando si è di fronte ad una situazione in cui non si riesce ad affrontare la minaccia né a fuggire da essa la paralisi non è solo fisica, ma anche cerebrale. Il freezing si manifesta come un’immobilizzazione, totale o parziale. Un “congelamento” dei movimenti di chi (in questo caso i tre ragazzi) sta vivendo la situazione di pericolo. Quanto può durare? Da pochi secondi fino a 30 minuti, come riportato da stateofmind.

Le parole del volontario che ha ritrovato il corpo di Patrizia

Oggi, intanto, Emanuel Marini, il volontario della Protezione civile che ha trovato il corpo senza vita di Patrizia, e che dopo il ritrovamento ha abbracciato i suoi genitori, sconvolti dall’accaduto. «Ci siamo abbracciati, poche parole – dice – i genitori mi hanno chiesto del braccialetto, della collanina. Li ho descritti, un cenno con il capo, erano quelli di Patrizia Cormos. Avrei voluto essere ambasciatore di buone notizie, non di morte». Il corpo era in una piccola insenatura di circa un metro: «L’ho notata mettendo la testa in un pertugio. Era voltata di schiena, ricoperta da detriti». Marini afferma di aver sperato fosse ancora viva: «Sono andato lì perché mi hanno chiesto di dare il mio contributo e perché sentivo di farlo. Proprio perché la mia speranza era di trovare persone vive. Quando ho visto il corpo della ragazza ho ascoltato i battiti, il respiro. Nulla».

La mamma di Patrizia: “Dovevano salvarla, non fare video”

«Ciò che più mi addolora è che tutti hanno fatto foto e video e nessuno li ha salvati. Nessuno. Potevano forse salvarli. Non era importante fare i video. Lei era andata a fare una passeggiata, ha chiamato più volte il 112. Ha lasciato il suo nome, l’indirizzo. Ha detto ‘Chiamate mia mamma’». E’ lo sfogo, fatto al Messaggero Veneto, della mamma di Patrizia. Per la prima volta dal dramma di venerdì, la donna ha rilasciato brevi dichiarazioni sulla vicenda: «Era un angelo – ha ricordato – studiava tanto e lavorava per mantenersi. Dopo l’esame all’Accademia, sostenuto proprio venerdì mattina, mi ha chiamata e mi ha detto ‘sono stata bravissima, ho saputo tutto’».

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