Maria Chindamo uccisa e poi data in pasto ai maiali, dopo 8 anni inizia il processo
Giovedì 14 marzo, dinnanzi ai giudici della Corte d’Assise di Catanzaro, si aprirà il processo per l’omicidio di Maria Chindamo, la commercialista e di Laureana di Borrello (Reggio Calabria) rapita dinanzi al cancello della sua tenuta agricola in contrada Montalto di Limbadi (Vibo Valentia), il 6 maggio 2016, uccisa, data in pasto ai maiali e infine resti triturati da un trattore cingolato. Sul banco degli imputati ci sarà Salvatore Ascone, detto “u pinnularu”, che lo scorso 22 gennaio era stato rinviato a giudizio per il delitto.
L’uomo, proprietario di un terreno attiguo a quello della donna, è accusato di avere manomesso l’impianto di videosorveglianza posto all’ingresso dell’azienda dell’imprenditrice. Il processo, filone della maxi inchiesta “Maestrale“, riguarda anche l’omicidio di Angelo Corigliano, avvenuto a Mileto nell’agosto 2013, per il quale sono imputati a vario titolo Salvatore Pititto, Domenico Iannello e Giuseppe Mazzitelli.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il rapimento e l’omicidio della 44enne sarebbe scaturito in seguito al suicidio del marito, Vincenzo Puntoriero, avvenuto l’8 maggio 2015. Il movente sembrerebbe riconducibile a questioni di carattere economico: la cosca Mancuso sarebbe stata interessata ai terreni agricoli gestiti da Chindamo. Non è escluso altresì che la donna possa esser stata punita per una relazione venuta alla luce con la prima uscita pubblica assieme al compagno, due giorni prima del delitto.
Punturiero aveva segnalato già un anno prima del rapimento che un vicino di terreno, l’imputato Salvatore Ascone, aveva chiesto l’utilizzo di una stradina interpoderale che passava sui terreni di Chindamo-Punturiero. Secondo quanto si evince dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, i Mancuso avrebbero palesato l’interesse per i terreni della donna e chiesto ad Ascone di coltivare i poderi qualora il clan fosse riuscito ad acquisirli.
Gli elementi che collegherebbero Ascone alla scomparsa di Chindamo emergerebbero anche da alcune intercettazioni del marzo 2019. L’uomo, insieme al figlio Rocco, parlerebbe dello spostamento di una pistola da “portare immediatamente” a una terza persona. Nelle intercettazioni, Ascone si direbbe spaventato da imminenti perquisizioni che potrebbero coinvolgerlo sia in relazione al caso Chindamo sia in relazione al processo Perseo relativo a un clan di Lamezia Terme.
I macabri dettagli sulla distruzione del cadavere sono emersi contestualmente alle dichiarazioni rese da due collaboratori di giustizia, Emanuele Mancuso e Andrea Mantella. In particolare Mancuso, ex rampollo dell’omonima famiglia di ‘ndraghetisti, raccontò di aver ricevuto suddette informazioni dal figlio di Salvatore Ascone, Rocco: “Mi disse che in venti minuti i maiali si erano mangiati il corpo della donna e che avevano triturato i resti delle ossa con una fresa o con un trattore”
Domani, a 8 anni dal delitto, ci sarà la prima udienza del processo. Vincenzo Chindamo, il fratello di Maria emozionato, ha dichiarato: “Non ho mai smesso di credere, lungo questo interminabile periodo, nello Stato. – ha concluso – Grazie a chi mi ha contattato sentendo di voler essere simbolicamente presente giorno 14 marzo”.
“Per otto anni – ha proseguito Chindamo – abbiamo camminato sulle strade della speranza anche quando tutto sembrava perso. Grazie ai movimenti e alle associazioni Penelope Italia Odv, Libera Vibo, Goel-Gruppo Cooperativo, gli avvocati Nicodemo Gentile ed Antonio Cozza, tantissime scuole. Un cammino sempre con meno solitudine e sempre più in compagnia di un fronte di speranza e rinascita, fatto da tante donne e uomini partendo dal cancello di Limbadi e dagli abitanti di Limbadi. È significativo passare a comprare il pane ed essere riconosciuto ed accolto con il sorriso! È significativo e coraggioso che l’Amministrazione comunale e la scuola a Limbadi celebrano l’8 marzo nel salone del comune in memoria di Maria Chindamo e dei valori della libertà, annunciando l’intitolazione di una via a suo nome”.