MATTEO MESSINA DENARO È DECEDUTO: È SUCCESSO TUTTO ALL’IMPROVVISO
Matteo Messina Denaro, noto anche con i soprannomi “U Siccu” e Diabolik, è un nome che, per decenni, ha fatto paura… uno di quelli che riempiono i libri di giurisprudenza e di cronaca nera efferata, tingendo di rosso le pagine dei vecchi quotidiani e occupando i nuovi.
61 anni, originario di Castelvetrano, è stato il l trait d’union tra la Cosa Nostra delle stragi e la Cosa Grigia di oggi, colui che il Capo dei Capi, Totò Riina, si vantava di aver cresciuto sulle sue ginocchia, era di molto cambiato rispetto a come tutti lo hanno sempre descritto negli anni della gioventù, fortemente provato dalla grave patologia che si stava facendo strada nel suo corpo.
Finito in manette il 16 gennaio 2023, è rimasto irreperibile per decenni, dal 1993 sino a quest’anno e l’ultimo suo avvistamento è avvenuto mentre si trovava in vacanza a Forte dei Marmi. Da allora in poi, di Matteo o Alessio (così si firmava nei pizzini ritrovati dagli investigatori nel covo di Binnu Provenzano, a Montagna dei Cavalli), non si è saputo più nulla.
Di Messina Denaro, nessuna traccia, nonostante fosse ritenuto responsabile di un numero imprecisato di esecuzioni e tra gli organizzatori del sequestro del piccolo Di Matteo, fino a quando, dopo mezza vita spesa sottraendosi alla giustizia, un blitz dei carabinieri ha posto fine alla sua latitanza trentennale.
Nelle foto dell’arresto non gli è rimasto nulla dell’aspetto spavaldo con cui a Castelvetrano, quando era giovane, girava in Porche verso il lido di Marina di Selinunte, indossando pantaloni Versace, Rolex Daytona, foulard.Che le sue condizioni di salute si fossero aggravate, lo sapevamo tutti ma nessuno avrebbe mai potuto immaginare un suo improvviso decesso. Vediamo insieme cosa è accaduto nella seconda pagina del nostro articolo.
Fedelissimo di Totò Riina, dopo l’arresto del boss, Matteo Messina Denaro si è messo agli ordini di Provenzano, padrino con cui scambiava pizzini pieni di rispetto e di affetto, ma che in realtà seguiva solo in parte. Perché Messina Denaro preferiva l’azione. Poi, quando i boss sopra di lui sono caduti a uno a uno, Diabolik ha iniziato a contare sempre di più. Ed è diventato tra gli uomini più ricercati al mondo.
La caccia a Diabolik si è conclusa il 16 gennaio di quest’anno, quando tutti i quotidiani e i siti d’informazione nazionali e, di conseguenza, mondiali, hanno iniziato a diramare, a macchia d’olio, la notizia del suo arresto, avvenuto nella clinica La Maddalena di Palermo, mentre aspettava il suo turno, sotto falso nome, per sottoporsi ad una seduta di chemioterapia.
A differenza di suo padre, Don Ciccio, che era riuscito a farsi prendere solo da deceduto, per Matteo non è stato così, in quanto la giustizia lo ha acciuffato prima, seppur gravemente malato, mentre si stava recando a fare una seduta di chemioterapia presso la clinica La Maddalena, sotto il falso nome di Andrea Bonafede. Suo padre, Francesco Messina Denaro, che i picciotti chiamavano “don Ciccio”, aveva assicurato alla sua famiglia condizioni di vita agiate, dedito al traffico di beni archeologici del mondo greco e latino. Don Ciccio si è spento nel suo letto il 3 dicembre 1998 con tanto di doppiopetto e due santini nelle tasche, quello di San Francesco e della Madonna Libera di Partanna. A differenza sua, che se n’ è andato da faraone, per Matteo non è andata allo stesso modo.
Le condizioni dell’ex latitante che, con il suo decesso, ha segnato la fine di un’epoca, erano gravissime da ormai diverso tempo. A mezzo stampa si apprendeva che alternava momenti di lucidità a momenti di grande debolezza. Già da qualche giorno Messina Denaro non riusciva ad alimentarsi in maniera autonoma. Il 12 settembre gli erano state sospese le cure, mantenendo solo la terapia per il dolore. Nel testamento biologico avrebbe manifestato la volontà di non subire l’accanimento terapeutico con l’utilizzo delle macchine per essere tenuto in vita e, proprio per questo motivo, con l’assenso della famiglia da alcune settimane è stato sottoposto alla terapia del dolore con la interruzione della chemioterapia.
In coma irreversibile, a Messina Denaro, nella serata di ieri, i medici hanno sospeso l’alimentazione. Da giovedì le sue condizioni di salute si sono aggravate, quando ha avuto un sanguinamento per poi essere colpito da un collasso con i parametri vitali compromessi. Al capezzale, sino a quando è venuto a mancare, si trovavano la nipote e legale Lorenza Guttadauria e la giovane figlia Lorenza, riconosciuta recentemente e incontrata per la prima volta nel penitenziario di massima sicurezza dell’Aquila ad aprile. “Non mi pento di nulla”, ha dichiarato Messina Denaro nel suo primo interrogatorio e così è stato, negando omicidi, stragi, ma ammettendo d’essere un uomo d’onore. La notizia del decesso di uno degli artefici della stagione stragista di Cosa Nostra è già nei libri di storia e giurisprudenza di tutto il mondo.