“Fuori dal carcere”. Alberto Stasi, la decisione sul condannato per l’omicidio di Chiara Poggi
Sono passati 16 anni dell’omicidio di Chiara Poggi, la ragazza di Garlasco della morte della quale è stato ritenuto colpevole il fidanzato Alberto Stasi. Era il 2007 e l’attenzione mediatica sul caso fu enorme. Stasi, che si è sempre (e continua) professato innocente, dovrà restare in carcere fino al 2030, anno in cui termineranno i 16 anni di reclusione decisi dai giudici al termine del giudizio eseguito con rito abbreviato. Stasi secondo l‘alibi fornito da subito, aveva raccontato di essere al lavoro al computer alla redazione della sua tesi.
Il computer fu consegnato ai carabinieri già il giorno successivo. Alcune operazioni inappropriate degli inquirenti, tuttavia, avrebbero alterato e cancellato gli accessi alla memoria di archiviazione dell’elaboratore. Solo grazie ad una perizia informatica molto più profonda sul computer si accertò che Stasi lo utilizzò dalle 9:35 alle 12:20.
Alberto Stasi, fuori dal carcere ogni giorno per lavorare
Questo non chiarì però cosa accadde una finestra temporale di 23 minuti, dalle 9:12, ora in cui si sa che sicuramente Chiara Poggi disattivò l’antifurto della villetta, ultima prova della sua esistenza in vita, fino alle 9:35, ora in cui Stasi si trovava certamente davanti al suo computer. I giudici, in definitiva, non credettero alla sua versione. Ora però qualcosa nella sua vita qualcosa sta cambiando.
Racconta il Corriere della Sera come: “Il 24 gennaio, infatti, il 39enne è stato ammesso dal collegio del Tribunale di Sorveglianza di Milano al lavoro esterno dopo che l’avvocato Giada Bocellari ha proposto reclamo contro un primo rigetto opposto nell’ottobre 2022 dal giudice di Sorveglianza. Per il suo datore di lavoro, che qui non si indicherà per evitare interferenze, Stasi svolge mansioni contabili-amministrative, con rigide prescrizioni sugli orari di uscita e di rientro in cella, sui mezzi di trasporto utilizzabili, sugli itinerari dai quali non discostarsi, sui controlli”.
Una piccola vittoria per Stasi ed i suoi legali che hanno fortemente voluto questa opportunità. “In un primo momento- riporta il Corriere della Sera- i giudici non avevano ritenuto ci fossero i presupposti per permettere a Stasi di uscire fuori dal carcere per lavorare. Il detenuto, considerato pericoloso socialmente, non poteva ricevere il beneficio se non approfondendo il suo quadro psicologico”.