Governo Meloni, rivolta contro il provvedimento sui raduni
La stretta del governo sui raduni è al centro del dibattito politico. Il primo atto dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni usa il pugno duro contro gli organizzatori dei rave party, come anche i partecipanti, che potranno essere intercettati. Inoltre potranno esserlo tutti coloro che invadono “terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica” in “un numero di persone superiore a cinquanta”. In sostanza il decreto anti-rave non vale solo per chi balla da abusivo, ma anche per chi occupa un edificio nel corso di una protesta. Purché ci siano almeno 50 persone e qualcuno stabilisca il “pericolo” della loro azione.
Il decreto “anti-rave” è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale e – come scrive Repubblica – il nuovo 434 bis ha mantenuto le pene fino a sei anni di reclusione. E, quindi, la possibilità delle forze di polizia e della magistratura di adottare il pugno durissimo nelle indagini. Le opposizioni alzano la voce: “Un errore gravissimo. I rave non c’entrano: viene messa in discussione la libertà dei cittadini”, attacca il segretario Pd, Enrico Letta. “Una norma da Stato di polizia, raccapricciante” dice il leader M5S Giuseppe Conte.
Decreto anti-rave, polemiche per le misure decise dal Governo
“La norma – fa sapere il ministero – interessa una fattispecie tassativa che riguarda la condotta di invasione arbitraria di gruppi numerosi tali da configurare un pericolo per la salute e l’incolumità pubbliche” e quindi “non lede in alcun modo il diritto di espressione e la libertà”. Intellettuali e artisti alzano la voce: “Questo decreto puzza”, twitta Fiorella Mannoia. “Il punto non è vietare i rave, ma proporre alternative migliori ai giovani”, afferma il cantante Morgan. “Atto primo scena prima – commenta lo scrittore Erri De Luca – pene da patibolo contro la gioventù”. Amnesty Italia denuncia: “Si rischia l’applicazione ampia e arbitraria a scapito del diritto di protesta pacifica”.
Va detto che il testo sul decreto anti-rave era stato predisposto dal precedente ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, dopo un rave nel Viterbese. Tuttavia si era pensato a pene più leggere (sui 4 anni) anche perché un reato simile esiste: è il 633 secondo comma che punisce “chiunque invade terreni o fabbricati altrui” (pena di quattro anni se si è in più di cinque). Inoltre è già punita l’invasione con scopo di lucro, cosa che la nuova norma non fa.
Pertanto è possibile che in fase di conversione del decreto anti-rave possa cambiare qualcosa di sostanziale. Anche il mondo della magistratura e dell’avvocatura ha alzato la voce e si è fatto sentire presso il ministro della giustizia Carlo Nordio. Anche Forza Italia in sede di Consiglio dei ministri aveva espresso disagio, raccogliendo sembra anche l’approvazione della premier Giorgia Meloni. Un punto di mediazione potrebbe essere l’abbassamento della pena massima: arrivare a 4 anni, come già oggi prevede la legge, eliminando così le intercettazioni. Tuttavia verrebbero lasciate la confisca e le misure patrimoniali a cui il ministro Piantedosi tiene particolarmente.