“L’HO FATTO PER PUNIRMI”. UCCIDE LA COMPAGNA E POI LO STRANO GESTO
All’orrore non c’è mai una fine, questo è poco ma sicuro. Ci sono storie da brivido, che urtano la suscettibilità dei più sensibili a queste tematiche ma che non possono essere ignorate.
Sono storie di donne uccise barbaramente dai loro compagni… una piaga sociale sempre più dilagante in quanto l’elenco dei femminicidi si accresce a vista d’occhio.
Come si evince dagli ultimi fatti di cronaca, gli aguzzini, i carnefici, si nascondono proprio tra le mura domestiche; quelle che, erroneamente, riteniamo le più sicure.
Sono all’ordine del giorno storie di maltrattamenti, abusi, sevizie, umiliazioni, sino agli omicidi nelle modalità più disparate, commessi, con efferatezza, pur di sopprimere la vita della partner o ex compagna.
Tra il 22 e il 23 settembre 2022, Lilia Patranjel è stata uccisa a coltellate dal convivente, con il quale aveva avuto un figlio. Proprio su questo caso, abbiamo degli sconvolgenti aggiornamenti.
Lilia aveva deciso di lasciare l’uomo con il quale conviveva, il rumeno 35enne Alexandru Ianosi. Non ne poteva più della sua inaudita violenza e lo aveva persino denunciato, salvo poi ritirare la querela e bloccare l’iter giudiziario ai danni del suo aguzzino. Ma, proprio intorno alla mezzanotte, tra il 22 e il 23 settembre, la giovane donna è stata uccisa.
Su di lei si è riversata l’ira inaudita di Ianosi che le ha sferrato diverse coltellate, di cui due fatali, al torace e al ventre, nel salotto della loro abitazione in via Mantegna, a Spinea, in provincia di Venezia. Lilia ha cercato di salvarsi, ha provato a difendersi, come mostrano le ferite alle braccia e alle mani, ma non ce l’ha fatta. Finito in carcere, con l’accusa di omicidio volontario aggravato dal legame della convivenza, Alexandru Ianosi si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere, sino alla notizia del gesto commesso tra le mura dell’istituto penitenziario in cui è recluso.
Si è conficcato nell’occhio un manico di scopa e, al momento si trova in rianimazione, in prognosi riservata, all’ospedale dell’Angelo. Ovviamente si tratterà di capire se, per davvero, abbia fatto tutto da solo, in quanto i dubbi sono venuti anche a dei medici dell’Ulss. Lo stesso avvocato difensore dell’omicida, Francesco Neri Nardi, ha chiesto di ricevere dal carcere una relazione completa e dettagliata sull’accaduto.
I dubbi sono sorti perché il manico di scopa è stato conficcato molto a fondo nell’occhio e, se per davvero voleva suicidarsi, in quanto assalito dai sensi di colpa per aver ammazzato la moglie, avrebbe scelto una modalità decisamente meno anomala. Le autorità, in questo momento, escludono che il 35enne romeno sia stato vittima di un regolamento di conti.
Sentendo un servizio al telegiornale, dove veniva chiamato mostro per l’omicidio della compagna, ha ammesso di essersi voluto punire con quel gesto estremo, che lo ha portato in coma per diversi giorni. In maniera ufficiosa, si sarebbe trattato di un episodio di autolesionismo ma troppi sono i dubbi, dal punto di vista medico, che continuano a non convincere, di questo singolare modo di volersi far del male dopo aver accoltellato brutalmente a morte la compagna. Le indagini proseguono per far luce su quanto realmente accaduto.