SI UCCIDE A 10 ANNI, SUL DIARIO SCRIVEVA: “HO LE ORECCHIE A SVENTOLA, MI DICONO CHE…”
Ci sono storie che non si vorrebbero mai raccontare ma che nascondono una profonda sofferenza. In molti commettiamo l’errore di credere che i bambini siano esenti da problemi.
Pensiamo che la loro sia una vita tutta rose e fiori, all’insegna della spensieratezza tipica dell’età. Non è così, purtroppo. Questo è quello che ci augureremmo per tutti i bambini del mondo ma dobbiamo fare i conti con la realtà, che è tutt’altra.
Ci sono bambini vittime di abusi, di maltrattamenti, di sevizie, vittime innocenti di un conflitto nel quale perdono la vita, di incidenti stradali… di bullismo.
Quest’ultimo è una delle piaghe più radicate nella nostra società e non possiamo ignorarne gli effetti perché ogni piccolo che subisce atti denigratori, minacce, inviti espliciti a farla finita, alla fine, può essere inghiottito dal vortice della disperazione.
Non trovando altra uscita, per porre fine alla sua sofferenza, sceglie di togliersi la vita. E i suicidi tra minori sono in forte aumento, non solo in Italia, ma nel resto del mondo.
La storia che sto per raccontarvi risale a un po’ di anni fa, al 25 ottobre 2007 ma è sempre attuale, rappresentando uno dei casi più efferati di cronaca che invitano alla riflessione, ad un mea culpa, ognuno di noi. Di solito, tra i banchi di scuola, c’è sempre chi si diverte a ridere sui difettucci altrui, mettendoli in risalto. I nomignoli cicciobomba, quattrocchi, tappo sono all’ordine del giorno. Ma la storia di un bimbo che chiamerò Alberto, trattandosi di un minore, per preservarne la privacy, sconvolse tutti gli italiani, all’epoca dei fatti. Alberto, 10 anni, aveva le orecchie a sventola, come milioni di bambini in tutto il mondo.
Veniva preso in giro aspramente. C’era chi lo chiamava Dumbo, chi lo riempiva di botte nel cortile della scuola o al termine di una partita di calcio nell’oratorio del paese. Ma ogni bambino, non dimentichiamocelo, ha la sua sensibilità e il suo modo di reagire dinnanzi agli insulti, specie se troppo pesanti o che sfociano in violenze fisiche. Questo è quanto accaduto al bambino in questione, originario di Campiglia dei Berici, un comune italiano in provincia di Vicenza.
Non ha retto agli insulti dei bulli, Alberto, al punto da scendere nella cantina della sua villa, impiccandosi con una corda da palestra. Sulla base della ricostruzione della tragedia, effettuata dai carabinieri che sono accorsi immediatamente sul luogo, il bambino, approfittando del fatto che i suoi fratellini fossero impegnati nei compiti, è sceso silenziosamente in cantina. Nessuno si è accorto di nulla poiché la casa è grande. Con lo scorrere del tempo, il fratello più piccolo, insospettito dal fatto che Alberto non fosse lì con lui, è corso a cercarlo. Ha iniziato a chiamarlo, in giro per casa, senza ricevere alcuna risposta.
Sempre più preoccupato, il piccoletto è sceso giù in cantina e si è trovato di fronte una scena a dir poco agghiacciante; una di quelle che fa tremare la pelle al solo pensiero. Suo fratello Alberto si era suicidato, appeso ad una corda da palestra. Era penzolante, e tra le grida di disperazione, i genitori, intervenuti poco dopo, hanno dovuto fare i conti con un incubo ad occhi aperti. Inutili sono stati i tentativi di soccorrerlo, poiché i sanitari del 118, giunti nella villa in cui si è consumata la tragedia, non hanno potuto far altro che constatarne il decesso.
Alberto ha chiuso i suoi occhi per sempre e già da tanti anni non fa più parte di questo mondo… un mondo pervaso da tanta cattiveria, già tra i banchi di scuola. Un mondo in cui i più sensibili pagano le conseguenze di una crudeltà inaudita, sino a non farcela più. Troppo forte il peso di quegli insulti giornalieri per via delle sue orecchie a sventola. Non era un tipo che reagiva ma si è chiuso sempre più in se stesso, fino a porre fine alla sua giovane esistenza.