La nuova (coraggiosa) vita di Irina Lucidi, la mamma delle gemelline scomparse
Le due gemelline Alessia e Livia Schepp sono scomparse insieme al padre suicida, Mathias Schepp, nel 2011. Le bambine sono state rapite dal padre, ingegnere svizzero, il 30 gennaio a Saint-Sulpice, in Svizzera, dove sono state viste per l’ultima volta. Da quel momento Schepp ha fatto perdere le tracce delle gemelline, che nessuno ha mai più visto in vita. Prima di uccidersi, Mathias ha lasciato un biglietto agghiacciante: “Le bambine riposano in pace, non hanno sofferto… Non le rivedrai mai più”. Dopo dieci anni dalla loro scomparsa, la mamma Irina Lucidi non si arrende anche perchè senza i corpi, la speranza che siano vive c’è sempre nel suo cuore. La donna ogni giorno cerca di sopravvivere al dolore. Ecco cosa fa oggi per andare avanti. (Continua a leggere dopo la foto)
La nuova (coraggiosa) vita di Irina Lucidi, la mamma delle gemelline scomparse
Dal giorno della loro scomparsa, il 30 gennaio 2011, diverse sono state le piste investigative. Tra le varie ipotesi degli inquirenti c’è quella che il padre le abbia uccise, ma senza un corpo resta solo un’idea. Le bambine potrebbero essere state anche abbandonate, vendute in un campo rom o portate all’estero. Dopo dieci anni una risposta certa su che fine abbiano fatto Alessia e Livia Schepp ancora non c’è. E allora come si sopravvive a tutto questo dolore? In una intervista al Corriere della Sera, Irina ha raccontato la sua “nuova vita” in equilibrio tra la consapevolezza della scomparsa delle piccole e la speranza di poterle abbracciare di nuovo. Ad esempio, la donna non riesce più a lavorare: «Ho provato a tornare al lavoro ma è durata poche settimane, non tornerò mai più a quel lavoro». (Continua dopo la foto)
Ecco come Irina sopravvive al suo dolore
Nell’intervista al Corriere della Sera, Irina, mamma delle due gemelline scomparse in Svizzera, ha parlato della sua nuova vita senza di loro: «L’Asia mi ha fatto bene e mi hanno fatto bene i sorrisi splendenti dei tanti bimbi che ho conosciuto. A Yogyakarta, sull’isola di Giava, ho dormito nei villaggi con le famiglie, andavo nelle scuole a insegnare un po’ di inglese agli studenti e loro mi seguivano per le strade, nei musei. Volevano imparare, capire. È stato bellissimo». Poi ha aggiunto: «La prima volta che ho visto una classe di bambini a piedi nudi ricordo che ho pensato a Matthias. I miei pensieri gli hanno detto: quanto sei stato str**zo. Guarda questi bimbi, hanno i sorrisi fino alle orecchie e sono felici eppure non hanno niente e invece tu avevi tutto e l’hai buttato via senza un motivo ed eri ricco, nel Paese più ricco del mondo. Le mie gemelline sono sempre rimaste qui, accanto a me. Ce le ho negli occhi, sulla pelle. Trasmettono la vitalità che soltanto i bambini sanno come e dove trovare».