Sport sotto choc, il campione è appena morto in ospedale

In tutto questo periodo era stata la sorella Elena a rendere pubblico il percorso del fratello attraverso una lettera ai giornali spagnoli e diverse interviste. #FOTO A FINE ARTICOLO

Così si era saputo che Jorge Lis era passato da un comportamento timoroso a inizio pandemia nel 2020 a un comportamento negazionista, fino addirittura a consigliare ad amici e parenti (compresa la madre ultra ottantenne) di non vaccinarsi. Poi, però, il contagio, il ricovero, il pentimento per le sue posizioni No Vax e la morte.

Secondo quanto Elena aveva raccontato al quotidiano di Valencia Levante, una tendenza alimentata dal fatto di avere vissuto a lungo negli Stati Uniti: «Sosteneva l’ex presidente Donald Trump e la sua rete politica, che difendono le teorie negazioniste. Una influenza tira l’altra, e un canale Youtube porta all’altro. E poi visse un inferno a causa della dipendenza da un medicinale, il Fentanil, per cui aveva una pessima opinione dell’industria farmaceutica».

«In questa settimana ho avuto improvvisamente una delle mie più grandi lezioni di vita. Passare molto tempo sui social mi aveva radicalizzato all’estremo. Mi sarei dovuto vaccinare», era stato il messaggio inviato su Whatsapp dall’ex pilota alla famiglia il 13 luglio scorso, pochi giorni prima di essere ricoverato.Jorge «Coco» Lis è stato vicecampione di Spagna nella categoria 125 cc nel 1996 ed era allenatore e manager di piloti Superbike.

Le due ruote erano la sua passione: è stato lui a dirigere la carriera di Bernat Martínez (morto sei anni fa in un incidente a Laguna Seca) verso il campionato nordamericano, si è occupato anche di guidare i giovani piloti e, quest’anno, è stato il manager del pilota sudafricano Steven Odendaal nella competizione Supersport del Campionato Mondiale Superbike.

«Non ho né la forza né la voglia di addentrarmi in polemiche», scriveva la sorella in un articolo del 15 agosto. E ancora: «La realtà è molto semplice: il Covid-19 uccide e i vaccini salvano vite. Potrebbero non fermare completamente le infezioni, ma impediscono di finire in terapia intensiva. E questo è più che sufficiente».

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