“Papa Francesco sta male”. L’annuncio di Aldo Maria Valli

INTERVISTA ESCLUSIVA DEL GIONALE: LA VERITA’. Il giornalista: «Secondo alcuni Francesco ha due tumori e non tollera le terapie. Ha blindato il conclave, ma tra i cardinali c’è malumore: fa pure da “testimonial” alle case farmaceutiche. Lo stop al latino? Metodi peronisti» Aldo Maria Valli, storico e stimatissimo vaticanista Rai, cura il blog Duc in altum, da cui, coraggiosamente, critica da anni le ambiguità e gli sbandamenti del pontificato di Francesco. Lo raggiungiamo per ascoltare un parere ben informato sulle recenti voci di un’imminente abdicazione del Papa. Jorge Mario Bergoglio ha smentito («Non ho nessuna intenzione di dimettermi»), ma ha ammesso che, appena la salute di un Pontefice s’incrina, inizia a tirare «aria di conclave». Che atmosfera si respira davvero in Vaticano, in questi giorni? «La sensazione di provvisorietà e di insicurezza è palpabile. A questo si accompagna un clima di tensione e di sospetto, nel timore di essere fatti oggetto di epurazioni e ritorsioni». Ritorsioni? Addirittura?

«Nel caso recente del motu proprio che abolisce di fatto Summorum pontificum, ai vescovi è stato detto chiaramente che se non si allineano verranno rimossi senza troppi complimenti». Ci arriviamo. Intanto, ci sono retroscena sul vero stato di salute del Papa? «Nei Sacri palazzi si parla di due tumori che avrebbero colpito Bergoglio, e della difficoltà dei medici e del personale sanitario dell’ospedale nel gestire l’augusto paziente, rivelatosi nervoso e insofferente alle cure». Caspita. Preghiamo per lui. «Certamente c’è chi vuole lasciar pensare che Francesco abbia ancora salute e forze fisiche, per non dare l’idea di una perdita di potere. In realtà Bergoglio è stato operato d’urgenza per una patologia seria e, vista l’età, la sua situazione non è facile». Francesco è stato particolarmente prolifico nella creazione di nuovi cardinali. Significa che il prossimo conclave sarà blindato? Insomma, ne verrà fuori un Papa a immagine e somiglianza di Bergoglio? «Questo è quanto Francesco ha in mente, di sicuro: sono anni che crea cardinali esclusivamente in linea con la sua impostazione ideologica. Credo comunque che non pochi nel Sacro Collegio abbiano compreso dove Bergoglio voglia condurre la Chiesa, e non credo siano disposti a rendersi complici della sua demolizione». Quindi?

«Potremmo avere delle sorprese. Si sa: chi entra in conclave da Papa ne esce cardinale. Un vecchio detto che va preso sul serio…». Che opinione si è fatto dello scandalo Becciu? Alcune testate stanno tentando di ridimensionare l’inchiesta. «Da quello che so, l’affaire di Londra vede Angelo Becciu nel ruolo di “testa di legno”, dal momento che l’operazione è stata decisa dallo stesso Bergoglio, secondo quanto rivelato da monsignor Carlo Maria Viganò nel suo ultimo intervento». Come andrà a finire? «L’inchiesta non porterà alla condanna dei colpevoli, come già avvenuto per altri casi, perché gli imputati non sono in realtà i veri responsabili dei reati loro contestati. Probabilmente si arriverà a un intervento d’autorità di Francesco, che dichiarerà res iudicata la colpevolezza di Becciu, come nel caso McCarrick». Intanto, come ricordava lei, il Pontefice ha fatto in modo di preparare il terreno per la soppressione della messa in latino. Perché scatenare questa guerra? «Perché è proprio scatenando una guerra e provocando dissensi e proteste che Bergoglio può dimostrare che la messa tridentina è “divisiva”». Non è così? «Con un’applicazione saggia e generosa del precedente motu proprio Summorum pontificum di Benedetto XVI le comunità legate al rito antico non si sono mai trovate in contrasto con gli altri fedeli e sacerdoti».

Francesco vuole alimentare un conflitto che non esisteva? «Suscitare il casus belli è tipico della mentalità peronista di Francesco: prima provoca la reazione esasperata di quelli che vuole colpire, e poi dinanzi alla loro protesta si mostra autoritario e dispotico e li accusa di disobbedienza». Non è paradossale che la lettera apostolica, con cui si è cercato praticamente di eliminare il rito antico, si chiami Traditionis custodes«Francesco, citando il Concilio, definisce i vescovi “custodi della Tradizione” proprio nel momento in cui li costringe ad abolirne l’espressione principale, che è quella liturgica. Chi vede in questo una sorta di presa in giro non ha tutti i torti». Appunto. «È doloroso che chi è chiamato “Santo Padre” si mostri così crudele con i suoi figli, e così tollerante con quanti sono dichiaratamente nemici di Cristo, della Chiesa e del Papa». Di recente, Francesco ha promosso il vaccino anti Covid come «atto d’amore». Il tutto, poco tempo dopo le perplessità sugli immunizzanti espresse dai tradizionalisti Usa. Il cardinale Leo Burke, non vaccinato, è anche finito in terapia intensiva. Insomma, l’uscita di Francesco, più che rivolta all’Italia, sembra inserirsi nel quadro del conflitto tra il Pontefice e i conservatori americani. È corretto?

«L’appoggio di Bergoglio al vaccino prova l’appiattimento del Vaticano sulle posizioni mainstream. Una dimostrazione pubblica di fedeltà all’élite che detiene il potere». Quella sortita è stata opportuna, in un contesto in cui, attorno al vaccino, è stata costruita una retorica dogmatica, quasi mistica? «Se la Santa Sede – e Bergoglio in prima persona – non avessero sostenuto la narrazione mediatica, la retorica pandemica avrebbe fatto molta più fatica a imporsi». Dice? «Gli esperti si sono autoproclamati sacerdoti del Covid, dando al vaccino connotati mistici, mentre il vicario di Cristo è diventato “testimonial” delle case farmaceutiche, dimostrando così che ritiene la salute del corpo superiore alla salvezza dell’anima. Nulla di più distante dall’insegnamento del Vangelo e, se posso permettermi, nulla di più imprudente». In che senso? «Be’, che cosa dirà Bergoglio a quanti, convinti a vaccinarsi “perché l’ha detto il Papa”, si ammaleranno o moriranno per gli effetti collaterali?». La Chiesa ha liquidato subito il dilemma etico relativo alla derivazione di alcune linee cellulari umane, usate nei vaccini anti Covid, da embrioni abortiti. D’altronde, quelle linee cellulari sono prodotte su scala industriale e sono solo lontanamente «imparentate» con quelle dei feti abortiti negli anni Settanta. Problema chiuso, quindi?

«Il problema non è affatto chiuso. I pronunciamenti della Congregazione per la dottrina della fede si basano su conoscenze parziali, dal momento che le case farmaceutiche si rifiutano di specificare i componenti dei cosiddetti vaccini. Da notare comunque che la Cdf si è cautelata: l’uso di questi vaccini è lecito a condizione che non esistano cure alternative. Ma noi sappiamo che le cure esistono. La fretta nel dichiarare i vaccini moralmente leciti è sospetta e conferma la subalternità del Vaticano, su ordine di Francesco, alle direttive impartite a livello globale». Ma perché, poi? «Io vedo in tutto questo uno strapotere dell’industria farmaceutica, con cui peraltro il Vaticano fa affari da tempo». Tra le dichiarazioni un po’ impetuose di Francesco, dobbiamo annoverare anche lo sgarbo al premier ungherese, Viktor Orbán: «Non so se lo incontrerò», ha detto il Papa. «Bergoglio non prova nemmeno a simulare quell’imparzialità e quell’equilibrio che il suo ruolo richiede: l’ha dimostrato ricevendo in udienza Donald Trump con un’espressione cupa e infastidita che non ha voluto nascondere nemmeno nelle foto ufficiali. Viceversa, con gli esponenti di sinistra si mostra sorridente e affabile, e li incoraggia anche quando sono favorevoli all’aborto, all’eutanasia, al gender. Ma di sgarbi ne abbiamo ormai visti parecchi, anche con cardinali e vescovi. Basti pensare al vergognoso rifiuto di ricevere il cardinale Joseph Zen». A che punto siamo, in Vaticano, con la famosa opera di pulizia, sia nei dipartimenti economici sia in tema di scandali sessuali? «Come tutto ciò che riguarda questo pontificato, ci troviamo davanti a grandi proclami che non trovano rispondenza nei fatti. Le cosiddette “riforme” tanto annunciate si concretizzano in operazioni di facciata». Come stanno davvero le cose? «La parvenza è la moralizzazione della Curia, mentre il vero scopo è accentrare il potere. La “via sinodale” serve a indebolire il ruolo dei dicasteri romani, a vantaggio delle Conferenze episcopali più progressiste. Non appena un vescovo o una Conferenza episcopale si discosta da questa linea, l’autoritarismo di Francesco scatta implacabile». È possibile, a un anno e mezzo dai primi focolai di coronavirus, tracciare un bilancio dell’atteggiamento della Chiesa durante la pandemia? Il filosofo Giorgio Agamben, ad esempio, ha scritto che, accettando tutte le limitazioni e le prescrizioni delle autorità, la Chiesa ha «smarrito il suo prossimo». «Non è la Chiesa a “smarrire il suo prossimo”, ma la sua gerarchia intenta a correr dietro al mondo. L’accettazione supina delle imposizioni delle autorità sanitarie rivela, da parte dei vescovi, un senso di inferiorità che sarebbe stato impensabile all’epoca di Giovanni Paolo II o di Benedetto XVI. Per la gerarchia una grande occasione mancata, come dico nel mio saggio Virus e leviatano (Liberilibri). Mai si era arrivati a questo punto, nemmeno nei tempi di guerra».

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