Funivia Stresa-Mottarone, parla la zia del bimbo (unico sopravvissuto)
Di fronte all’ingresso dell’ospedale Regina Margherita di Torino Aya Biran, la zia di Eitan, fuma nervosamente una sigaretta, mentre aspetta aggiornamenti sulle condizioni di suo nipote. I suo occhi sono rigati dalle lacrime e il telefonino continuo a squillare.
In sala di aspetto ci sono i suoi genitori, arrivati da Pavia assieme ad alcuni rappresentanti del consolato israeliano. «Ho perso mio fratello Amit, mia cognata Tal e il piccolo Tom , un bambino dolcissimo che aveva solo due anni – si dispera mostrando la fotografia sul telefonino – E sono venuta a saperlo con i messaggi degli amici che mi dicevano “mi dispiace”.
Non avevo idea di cosa fosse successo e all’inizio ho pensato che fosse caduto un altro missile in Israele. Poi ho chiamato mio fratello e non ho avuto risposta, lo stesso con mia cognata. A quel punto ho capito che qualcosa non andava, ma la conferma è arrivata solo dopo due ore». “Siamo qui per lui: ha cinque anni, e ha perso mamma, papà e fratellino”
Aya, da 17 anni in Italia assieme al marito Nirko e ai suoi due figli, lavora come medico Sert nel carcere di Pavia: «Credo ancora per poco, perché oggi ho capito che la vita è troppo breve per bruciarla così – aggiunge –. Adesso le attenzioni sono tutte su Eitan. Abbiamo capito che era ancora vivo solo quando abbiamo visto che il suo nome non risultava nell’elenco delle vittime.
In quella lista c’erano anche i nonni di Tal, due persone anziane che, dopo il vaccino, avevano deciso di venire in Italia a trovare i loro nipoti. Con i missili in Israele non pensavano certo che in Italia potesse succedere qualcosa del genere. è assurdo». Aya continua a tenere d’occhio l’ingresso del pronto soccorso, sperando che arrivino buone notizie:
«Con un trauma cranico e tutto complicato e i colleghi non sanno come evolverà – conclude – Aspettiamo che ce lo facciano vedere, anche da lontano. Abbiamo un albergo qui vicino, per poggiare la testa un attimo, ma per adesso rimaniamo qui, vicino a Eitan. Io e mio marito dovremo gestire tutte le comunicazioni e la burocrazia perché siamo gli unici che parlano italiano. Non sarà facile e sono molto preoccupata per i miei genitori. È una tragedia enorme».