Le persecuzioni contro i gay? Nascono nelle dittature comuniste: dal Che ai gulag. Ma la sinistra ha insabbiato tutto
Omofobia è tra le parole più utilizzate, manipolate, abusate nel linguaggio odierno. La crociata contro le persecuzione di gay e minoranze etnico-religiose torna ciclicamente di attualità. Ed è l’oggetto privilegiato dell’attività legislative dei Parlamenti. L’Italia non fa eccezione. Anzi. Nella narrazione comune è la sinistra la madre di tutte le battaglia di civiltà a difesa dei gay.
La persecuzione dei gay nasce nelle dittature comuniste
Ma guardando indietro nella storia del Novecento troviamo drammatici esempi di guerra alle minoranze omosessuali. Soprattutto nelle dittature comuniste. Proprio così. Da Stalin all’italianissimo Togliatti. Nel fascismo non c’è traccia di una sistematica demonizzazione degli omosessuali. I massimi persecutori dei gay sono stati i comunisti. Per scelta, per ideologia. Nel nome del partito.
Che Guevara condannò a morte migliaia di omosessuali
Basta guardare alla Cuba di Castro e Che Guevara e all’Unione sovietica dei gulag. Nei campi di lavoro forzato (Umap) il Che, moderna icona di rivoluzionario buono, condannò a morte migliaia di innocenti . Solo perché gay. O perché erano sacerdoti, suore, dissidenti, anche solo giovani. Gli omosessuali erano chiamati infamati. Ed erano mandati nei gulag a morire. Insieme ai dissidenti accusati di essere gay. Il regime comunista mise in atto, ma in pochi lo ricordano, un’operazione sistematica di brutalizzazione. L’infamato doveva subire lo stupro di un’intera camerata di 60 persone. Lo ricorda oggi su La Verità Silvana De Mari, autrice de Gli ultimi incantesimi.
Tatuati, schedati, mandati a morire nei campi
Aveva la scodella bucata, doveva dormire per terra. Non poteva toccare nulla. Se beveva dalla stessa ciotola di un altro, la contaminava. E poteva essere punito con pestaggi fino alla morte. Un reietto con tanto di tatuaggio per venire riconosciuto se cambiava prigione. Eppure nell’immaginario collettivo è la destra retriva, conservatrice, radicale la protagonista delle crociate contro le minoranze sessuali.
Nel comunismo sovietico l’omosessualità era il paradigma della mollezza borghese. Per Togliatti ‘pederasta’ era sinonimo di anti-sovietico. Massimo Caprara, ex segretario di Palmiro Togliatti, ci parla dei «tostadores». Tostapane dove migliaia di omosessuali e di dissidenti cubani hanno trovato una morte terribile.
I numeri di Amnesty International
Secondo Amnesty International, più di 100.000 cubani finirono nei campi di lavoro; il regime assassinò circa 17.000 mila persone accertate. Ma in pochi lo sanno. Dopo la vittoria di Fidel Castro, nel 1959, Che Guevara costituì tribunali sommari religiosi. Tra le vittime l’arcivescovo dell’Avana. Omosessuali, perfino adolescenti e bambini. Figli di dissidenti e bambini di strada.
Nel “Piano generale del carcere” messo a punto da Guevara nel 1960 un campo era destinato agli omosessuali. Ci fu anche un campo, «Capitolo», nella zona di Palos, destinato ai bambini sotto i dieci anni. Una persecuzione sanguinaria di cui parla il film Prima che sia notte di Julian Schnabel, uscito nel 2000. Protagonista Reinaldo Arenas, scrittore rivoluzuonario anti-Batista. Che fu incarcerato per la sua omosessualità.
La sinistra occidentale ha sempre insabbiato la verità
Eppure i partiti comunisti d’occidente sono riuscita nell’impresa ardua di nascondere, occultare, insabbiare. Magari grazie al traditore. All’omosessuale di successo che si iscrive al Partito comunista occidentale (come Pasolini) che lo protegge, osserva la Verità. E il partito può rifarsi una verginità di tolleranza. Tutto questo mentre gli omosessuali cubani muoiono nei tostadores e gli infamati sovietici subiscono la frattura e l’estrazione dei denti nei gulag. Malgrado la storia, la sinistra occidentale si erge a paladina dei gay. E magnifica i gay accusando la destra di leggi liberticide e medievali.