Vaccino, Antonio Socci: i leader della Ue fanno autocritica e la Merkel “diventa salviniana”

Per giorni i quotidiani hanno strologato sulla presunta «conversione europeista» troppo improvvisata della Lega ritenendo Salvini un destabilizzatore nella nuova maggioranza. Noi invece su queste colonne scrivemmo che era vero il contrario e ad esplodere sarebbero stati piuttosto M5S e Pd. Infatti è quello che sta accadendo (e la deflagrazione è appena agli inizi) La Lega anche nei sondaggi va bene, è compatta e ora sui giornali si cominciano a leggere articoli come quello del politologo Pietro Ignazi che ieri, sulla prima pagina di Domani (titolo: “La relazione speciale del governo con la Lega”), ha messo in fila una serie di fatti dai quali desume che «il baricentro» del governo «si è inclinato verso destra».

Lui, come politologo, pare molto inclinato verso sinistra e più che commentare sembra rosicare, specie quando elenca i «tasselli di un rapporto privilegiato con i leghisti». Ma, concludendo, Ignazi descrive la realtà che oggi è sotto gli occhi di tutti: «Di fronte a Pd e a Cinque stelle ancora tramortiti per il naufragio del governo Conte e in preda a convulsioni interne, berlusconiani e leghisti si muovono con il passo dei vincitori. La politica ha già ripreso il suo posto. E ha i colori verde e azzurro». In termini gramsciani quello che scrive Ignazi si potrebbe tradurre con il concetto di «egemonia» (leghista), che non è un’egemonia di poltrone ministeriali, ma – come sa chi ha letto Gramsci – è anzitutto un’egemonia di idee, cioè una maggiore capacità di lettura della realtà, di intervento e di visione.

Anche le notizie delle ultime ore confermano questa impressione. Ieri Salvini su Twitter si rallegrava per la nomina di Fabrizio Curcio alla Protezione civile, per la gara indetta dal Viminale per la fornitura di dispositivi ad impulsi elettrici Taser in dotazione alle forze di Polizia («molto bene, è la strada giusta») e si diceva «sicuro che il nuovo governo sarà in grado di dare altri segnali concreti a partire dal rinvio delle scadenze fiscali, dalla rottamazione delle cartelle esattoriali e dalla pace fiscale» perché «famiglia e imprese possano tornare a vivere e lavorare». È una storica battaglia sua e della Lega. E in effetti, proprio ieri, il Mef ha annunciato la proroga per il pagamento delle rate della rottamazione-ter e del “saldo e stralcio” relative al 2020 e 2021.

BATTAGLIE STORICHE
Lega e Forza Italia esultano. Peraltro, secondo un’anticipazione di Italia Oggi, il governo starebbe per varare anche un «saldo e stralcio per le cartelle emesse dal 2015 e con un valore entro i 5 mila euro. Per le cartelle sopra quell’importo, sarà possibile rottamare gli importi senza calcolare interessi e sanzioni, pagando dunque solo il valore della cartella per due anni. La nuova pace fiscale in preparazione» anticipata da Italia Oggi «potrà prendere l’avvio da giugno». Ancora segni di egemonia (delle idee) della Lega. Questo contraddice la sua presunta «conversione europeista» di cui parlano tutti i giornali? In realtà se c’è una conversione è quella degli europeisti che oggi abbracciano politiche fino a poco tempo scomunicate come «sovraniste e populiste» perché sostenute dalla Lega.

Gli esempi sono molti. In questo anno la Ue ha accantonato i suoi dogmi rigoristi che sembravano intoccabili: dal pareggio di bilancio, allo sforamento dei parametri relativi al deficit e al debito. Ricordate la guerra scatenata nel 2018-2019 dalla Commissione europea contro il governo gialloverde per uno 0,4 per cento di deficit in più? Sembra un’altra era geologica. I leghisti furono pesantemente attaccati come antieuropeisti perché sostenevano che occorreva fare investimenti in deficit per rilanciare l’economia e aumentare il Pil, così da diminuire il debito. Oggi tutti hanno dimenticato la demonizzazione del deficit e tutti riconoscono che occorre fare più debito (più «debito buono», come ha ripetuto Mario Draghi, in agosto al Meeting di Rimini) per rilanciare l’economia. Sono le idee della Lega.

NORME ASSURDE
Non solo. Alberto Bagnai nel dibattito sulla fiducia al Senato ha messo in guardia dalla riattivazione delle regole europee, vista l’emergenza economica del Paese. Ebbene, pochi giorni fa, David Sassoli (Pd), presidente del Parlamento europeo, aprendo la settimana della conferenza interparlamentare sulla stabilità, ha fatto sua quella preoccupazione, lanciando l’appello perché si rifletta «sulla necessità di mantenere in funzione la clausola di salvaguardia che dovrebbe restare in vigore finché lo stato dell’economia non ne giustifichi la disattivazione». Questo perché se dovessero tornare in vigore domani le regole di stabilità finanziaria della Ue, «25 paesi su 27 sarebbero sotto procedure per deficit eccessivo», cosa che mostrerebbe automaticamente l’assurdità di quelle regole, delegittimandole.

Sassoli ha chiesto pure di «ripensare gli strumenti della governance economica europea in modo che essa possa sostenere gli investimenti nelle transizioni energetica e digitale e la lotta contro le disuguaglianze» e anche questa idea di scorporare certi investimenti dal calcolo del debito è una svolta rispetto al vecchio europeismo. Tutte idee che fanno sorridere i leghisti e il centrodestra che le hanno prospettate in largo anticipo. D’altronde il presidente del Parlamento europeo Sassoli è lo stesso che a novembre si è espresso per la cancellazione (o congelamento) del debito degli Stati in mano alla Bce, che è una proposta storica della Lega, particolarmente argomentata da Claudio Borghi. Anche questa è un’idea che ha fatto molta strada. Ora c’è pure un appello di 100 economisti europei che la sostiene e ancora venerdì scorso sull’europeista Avvenire la proposta era rilanciata dall’economista europeista Leonardo Becchetti.

Tutti costoro si guardano bene dal ricordare che è una proposta della Lega e che Borghi fu “asfaltato” quando la prospettava, anni fa. Dunque è assai difficile parlare di «conversione europeista» della Lega. Piuttosto si tratta di una conversione degli europeisti al buon senso. Stesso discorso per il QE e la prosecuzione degli acquisti di titoli pubblici da parte della Bce che fino a qualche tempo fa sembrava – anch’ essa – una “bestemmia” rispetto ai Trattati di Maastricht. Se alla “conversione” dell’Unione europea si aggiunge la novità rappresentata da Draghi e l’autorevolezza con cui egli può difendere gli interessi nazionali italiani, rispetto alla sottomissione dei governi passati, diventa chiaro perché la Lega si è coinvolta convintamente in questo nuovo governo.

MERKEL SALVINIANA
D’altra parte la Lega rivendica sempre il diritto di criticare la Ue quando ritiene che sbagli, ma anche su questo è ormai in nutrita compagnia, visto che lo stesso Gentiloni, commissario europeo, ha criticato la Commissione europea (di cui fa parte) sulla gestione dei vaccini (critica senza dimissioni). Del resto perfino Giuseppe Conte, nella sua recente lezione fiorentina, forse per proporsi come grillino doc, ha teorizzato «un europeismo critico, non fideistico». Se lo avesse fatto Salvini lo avrebbero incenerito, visto come lo hanno trattato per aver risposto – a una domanda sull’irreversibilità dell’euro – che nelle cose terrene solo la morte è irreversibile. Una risposta di puro buon senso.

D’altronde era stato lo stesso governatore di Bankitalia Vincenzo Visco a dichiarare che «l’euro può durare nel lungo periodo come moneta unica europea solo se i Paesi che l’hanno adottata daranno vita a uno stato federale… con un’unione di bilancio» ed è il TFUE a negare che ciò possa accadere e soprattutto la Germania a dire “nein”. Infatti Angela Merkel, in un’intervista del giugno 2020, dichiarava addirittura che «uno Stato nazionale sarà sempre in grado di rivendicare particolari poteri, a meno che tutti i poteri non siano trasferiti alle istituzioni europee, cosa che certamente non accadrà». Èantieuropeista anche la Merkel? No, è solo salviniana.

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