La mazzata sui vini italiani: così Bruxelles ci mette in ginocchio
“L’Unione Europea non ha alcuna intenzione di proibire il vino, né di etichettarlo come una sostanza tossica”, si è affrettato a chiarire il vicepresidente della Commissione europea, Margaritis Schinas, dopo la presentazione del piano europeo per la lotta al cancro. Ma le rassicurazioni che sono arrivate da palazzo Berlaymont su richiesta della Coldiretti, che qualche giorno prima della pubblicazione del documento aveva protestato con delle lettere inviate ai commissari Gentiloni, Kyriakides e Wojciekowski, non convincono i produttori italiani, lasciati nell’incertezza dal piano di azione dell’Ue che vorrebbe revisionare la tassazione sulle bevande alcoliche e tagliare le risorse per la promozione del vino.
A partire dal 2022, inoltre, la Commissione vorrebbe introdurre l’obbligo di etichettare i prodotti con una lista degli ingredienti ed una dichiarazione nutrizionale, per poi aggiungere entro il 2023 una serie di avvertenze per la salute direttamente sul packaging. “Non sappiamo ancora se si tratterà di messaggi choc, su modello dei pacchetti di sigarette, o di piccoli simboli come quelli che già compaiono su alcune bottiglie, di sicuro non è facendo terrorismo che si fa educazione”, commenta Federico Castellucci, presidente Fnp Vino di Confagicoltura e produttore di Verdicchio in un vigneto di 20 ettari sulle colline dei Castelli di Jesi, nelle Marche.
“Già facciamo quello che l’Ue ci sta chiedendo in termini di comunicazione, la promozione dei vini italiani è da sempre strettamente legata al territorio – sottolinea – e ad un consumo di qualità, connesso ai pasti o agli aperitivi, da non confondere con quello dannoso di cui parla la Commissione nel Cancer Plan”. L’accusa principale che viene mossa alle istituzioni europee, infatti, come nel caso del tabacco e della carne, è quella di fare di tutta l’erba un fascio.
“Nel documento della Commissione Ue si parte da un assunto erroneo, ovvero che qualsiasi consumo di alcol sia dannoso, senza tenere conto della quantità consumata o delle condizioni in cui si realizza il consumo”, sottolineavano le organizzazioni della filiera vitivinicola di Confagricoltura in una lettera inviata nei giorni scorsi al commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni e agli eurodeputati Paolo De Castro e Herbert Dorfmann. “È inconfutabile che un consumo eccessivo di alcol, qualsiasi sia la bevanda in questione, sia nocivo per la salute, ma non è tuttavia corretto considerare che il consumo moderato di vino, durante i pasti, rappresenti un pericolo”, è il punto sostenuto dalle associazioni.Vigneto a Jesi, nelle Marche. (Foto di Chiara Santarelli)
Per i rappresentanti della filiera del vino è fondamentale “scongiurare il rischio che decisioni avventate e dogmatiche mettano in pericolo il futuro di una filiera strategica per il nostro Paese come quella vitivinicola, senza peraltro riuscire a trovare una soluzione ai problemi di salute pubblica”. Secondo i dati della Coldiretti il comparto vinicolo italiano vale oltre 11 miliardi di euro di fatturato e offre opportunità di lavoro, nel complesso, a 1,3 milioni di persone.
Nella produzione l’Italia è leader mondiale, con 46 milioni di ettolitri vendemmiati nel 2020, destinati per il 70 per cento a vini Docg, Doc e Igt, e ai vini da tavola per il restante 30 per cento. La chiusura dei ristoranti e del canale Horeca in generale, sia in Italia sia all’estero, ha messo pesantemente in difficoltà il settore, che sempre secondo le stime fornite dalla stessa associazione, potrebbe registrare una perdita di 3 miliardi di euro nel 2020.
“Chi fa vini di qualità alta, premium e superpremium, è stato massacrato, noi, per fare un esempio, abbiamo venduto diverse bottiglie e non ci hanno nemmeno pagato”, spiega Castellucci. “Per questo – prosegue – le aziende, soprattutto quelle medio piccole, che producono prodotti di altissima qualità, sono in estrema difficoltà”. Insomma, si è salvato soltanto chi ha lavorato con il canale della grande distribuzione.Federico Castellucci nel suo vigneto a Jesi. (Foto di Chiara Santarelli)
E per il 2021 le aspettative sono anche peggiori. “Almeno nel 2020 abbiamo fatto Capodanno e la stagione sciistica, quest’anno neanche quello, – aggiunge l’imprenditore – poi manca del tutto il turismo”. “E cosa succederà – continua – quando ci sarà il blocco dei licenziamenti? Di sicuro in pochi vorranno stappare un prosecco, prevediamo un ulteriore calo dei consumi”. “Non mi pare proprio il momento adatto – conclude – per organizzare una campagna di demonizzazione del settore”.
È d’accordo con lui Giorgio Polegato, presidente di Coldiretti Treviso e proprietario di un’azienda che esporta prosecco in 90 Paesi del mondo. “Etichettare il vino come un prodotto che nuoce alla salute è offensivo e degradante – si sfoga al telefono – in ogni nostra bottiglia c’è passione, cultura, territorio”. Ci tiene a sottolineare che “non è un prodotto tossico e non nuoce alla salute se consumato nelle giuste quantità, come da tradizione italiana”. Per questo è convinto che l’approccio dell’Ue sia da scongiurare.
Anche l’azienda di Polegato ha subito un contraccolpo con la pandemia. “Il lockdown – racconta – è stato molto difficile, per fortuna con le riaperture di giugno c’è stata un’esplosione di consumi che neanche noi ci aspettavamo e che ci ha fatto recuperare un po’, ma ancora oggi viaggiamo al 50 per cento del nostro potenziale”. In uno scenario come questo “sicuramente il messaggio dell’Ue non aiuta”. “Non è giusto – protesta – comparare il vino al tabacco per fare un favore a certe lobby che hanno interessi che non coincidono con quelli del consumatore”.
I produttori sperano che la Ue faccia un passo indietro e nel frattempo propongono una soluzione di compromesso. “Siamo d’accordo ad informare i consumatori ma a patto di non stravolgere le nostre etichette, che per noi sono il primo e unico modo che abbiamo di comunicare, – spiega Castellucci – non possono mettere in primo piano il messaggio negativo”.
L’idea è quella di inserire tutte le informazioni nutrizionali e sulla salute all’interno di un “Qr code”, per consentire al consumatore di consultarle dal proprio smartphone, senza andare a stravolgere l’etichetta. L’attenzione però resta alta. Le associazioni vinicole guidate da Confagricoltura chiedono alla Commissione uno “sforzo di trasparenza” per “rassicurare l’intera filiera sulla volontà di proseguire nelle azioni di sostegno volte ad incrementare la competitività delle imprese sui mercati internazionali e ad accrescere il livello di conoscenza dei prodotti vitivinicoli di qualità a DOP/IGP presso i consumatori”.
“Anche se Schinas ha assicurato sul fatto che il vino non rientrerà in tale regolamentazione, è necessario vigilare, visto che il piano prevede che le etichette che contengono gli ‘advertising’ sui rischi per la salute, come per le sigarette, siano introdotte per tutte le bevande alcoliche”, ci dice al telefono da Bruxelles Vincenzo Sofo, eurodeputato del gruppo dei conservatori e riformisti europei.
Ma nel frattempo la polemica è esplosa anche in Italia, con il consigliere regionale della Lega in Toscana, Marco Casucci, che ha annunciato la presentazione di una mozione contro il Piano europeo d’azione per la salute che “minaccia le aziende toscane che danno lavoro ad oltre 20mila persone”, nella regione prima in Italia per marchi Dop e Igp.