Il Pd bussa alla porta di Draghi e prenota tre poltrone (e neppure gli bastano). Il retroscena
Mario Draghi avanza. Il prossimo passo sarà quello di ottenere il sì del Parlamento. Come si legge su un retroscena apparso sul Corriere, «quarantott’ore fa Mario Draghi non aveva i numeri per varare il suo governo, ventiquattr’ore dopo ne ha anche troppi: c’è la ressa… È l’unità nazionale. Nemmeno Draghi immaginava che il disgelo si verificasse in così poco tempo. Caduto ogni pregiudizio, stanno cadendo pure storici steccati».
Draghi, l’idea di incarichi a “personalità d’area”
Si prospetta un quadro di unità nazionale e l’idea sarebbe quella di dare incarichi a “personalità d’area”. Nel retroscena del Corriere si legge infatti che Mario Draghi «al primo giro, sta facendo ai suoi interlocutori la stessa domanda finale: “Propendete per un governo tecnico o politico?”. Le dimensioni che sta assumendo la maggioranza lo inducono a riflettere se sia più opportuno scolorire politicamente l’esecutivo con esponenti di partito capaci di dialogare pur nella diversità di collocazione, oppure – come sembra più probabile – affidarsi a personalità di area. Il confine è sottile, la differenza è evidente. E chissà se a Draghi giunge l’eco dei partiti, dove già si sgomita per avere un posto finestrino».
Draghi, il Pd prenota tre poltrone
E a sgomitare per occupare quante più poltrone possibili in prima fila c’è il Pd. Come anticipa il Giornale i nomi che dal Pd danno come probabili conferme nei rispettivi ministeri sono quelli di Dario Franceschini ai Beni Culturali e Lorenzo Guerini alla Difesa. Ci dovrebbe essere tra i papabili anche una new entry. Si vocifera l’ingresso di Andrea Orlando alla guida del ministro della Giustizia, un ruolo che ha già ricoperto in passato nei governi Renzi e Gentiloni. Ma la strada di Orlando appare in salita. Il ministero della Giustizia, secondo le indiscrezioni circolate in questi giorni, pare sia stato già occupato Marta Cartabia, ex presidente della Corte Costituzionale.
I malumori all’interno del Pd
All’interno del Pd cominciano a manifestarsi i malumori. Nel Conte bis la presenza dei dem era abbastanza corposa. C’erano sette ministri, quattro viceministri e tredici sottosegretari. In totale il Pd era rappresentato con 34 esponenti. Ora il cambio di ministri Pd sta già creando non pochi mal di pancia all’interno del partito. Per esempio, osserva il Giornale, verrebbe fatta fuori la De Micheli (Infrastrutture) «per dare spazio solo a colleghi uomini del Pd». Un problema nel problema. Per Zingaretti sarà duro gestire e placare le pretese dei suoi colleghi di partito.