Con Draghi può cadere Arcuri. E c’è già la data di scadenza
Matteo Renzi nel tweet che ha sbarrato la strada al Conte ter ha inserito il suo nome tra i motivi su cui la “ex maggioranza” ha “registrato la rottura”.
Commissario straordinario un po’ a tutto, Domenico Arcuri è croce e delizia dell’esecutivo giallorosso. Sarebbe dovuto essere solo un “tecnico” al servizio del Paese e invece si è trasformato nella più divisiva delle figure della politica nazionale. Poco permeabile alle critiche, facile ai proclami, sempre sicuro di riuscire a fare tutto e bene nonostante l’accumulo di impegni. Se Conte non è più primo ministro, forse, è anche un po’ colpa sua.
Il bello è che se era un problema per i giallorossi, lo sarà pure per Mario Draghi. In fondo sempre inviso a Renzi rimane, così come a buona parte del Parlamento. Cosa farà allora l’ex presidente della Bce? Confermerà Arcuri o decapiterà la struttura commissariale?
Nei palazzi romani la caduta inattesa di Conte ha provocato ovvie preoccupazioni. Quando un premier fa gli scatoloni, cambiano aria pure decine di persone. Non solo il portavoce Rocco Casalino. Ma anche dirigenti e civil servant nominati e voluti da Giuseppi. Tra loro figura pure Arcuri, ovviamente, lui che un tempo se ne stava tranquillo ad Invitalia ed ora si trova al vertice dell’enorme macchina di spesa dell’emergenza sanitaria: vaccini, mascherine, siringhe, appalti per la scuola, Ilva. Inutile ricordarne errori e ritardi, che tanto mister Invitalia smentirebbe. Ma le critiche gli sono piovute addosso copiose: governatori, Calenda, centrodestra tutto, Italia Viva ed anche dal Pd. Walter Ricciardi ha già suggerito di sostituirlo con Giudo Bertolaso. E Saverio De Bonis, per dire, uno dei “responsabili” del gruppo Eu-Maie-Centro Democratico che avrebbe dovuto salvare il Conte ter, il 17 dicembre scorso presentò un atto di sindacato ispettivo per sapere perché, “visti i gravi e numerosi fallimenti”, il governo continua “ad affidare incarichi al dottor Domenico Arcuri”. Già, perché?
Appare scontato che Draghi non gliene affiderà altri. Ma è altrettanto possibile che presto Arcuri possa addirittura uscire di scena. Se Renzi, Forza Italia e magari pure la Lega dovessero entrare in maggioranza, è facile chiedano al banchiere un segnale dal prezzo tutto sommato modesto: la testa del super-commissario.
A ben vedere non si tratterebbe neppure di una mossa complicata. Il potere di Mimmo si basa infatti sul decreto legge n. 18 emanato lo scorso 17 marzo, poi convertito in legge il 24 aprile dal Parlamento. All’articolo 122, comma 4, viene precisato che il “commissario opera fino alla scadenza dello stato di emergenza e delle relative proroghe”. Ora, l’ultimo dpcm ha allungato l’eterna emergenza fino al 30 aprile. Tuttavia l’esperienza del prode Arcuri finirà prima, comunque proceda l’epidemia. Quando infatti il 31 dicembre il Cdm ha approvato il cosiddetto decreto “Milleproroghe”, all’articolo 19 ha disposto un nuovo termine massimo alle funzioni del Commissario straordinario: potrà lavorare “non oltre il 31 marzo 2021”.
A Domenico restano perciò poco meno di due mesi di lavoro da Superman. La data di scadenza è fissata. Per rinnovarne l’operatività sarebbe necessario un intervento normativo ad hoc: Conte lo avrebbe portato sicuramente in Cdm, ma col governo dimissionario non sarà un automatismo. È proprio questa l’occasione propizia per pensionarlo senza scossoni, rendendo così felici molte forze politiche: a Draghi basterà evitare di prorogargli l’incarico. Semplice semplice. Appare improbabile, infatti, che SuperMario sacrificherà la già difficile esperienza a Palazzo Chigi per preservare la poltrona di Mimmo Arcuri.