M5s, Luigi Di Maio apre a Mario Draghi: “Dobbiamo essere maturi”, verso il governo tecnico-politico

Braghe calanti per il M5s, per quei grillini terrorizzati dal perdere la poltrona nel caso in cui si andasse a un voto per loro disastroso? Già, alle urne dimezzerebbero (almeno) quanto raccolto alle politiche del 2018, con tutte le conseguenze del caso sul numero di eletti. E così ecco che dopo i primi netti “no” a Mario Draghi, tra cui quelli di Beppe Grillo e quello di Alessandro Di Battista, arriva la sostanziale apertura del leader de facto del Movimento, Luigi Di Maio, ministro degli Esteri tutt’ora in carica. Una netta sterzata, quella del vicepremier, che arriva nella tarda mattinata di oggi, giovedì 4 febbraio.

“Comprendo gli animi e gli umori di queste ultime ore. È legittimo. Stiamo attraversando una crisi politica complessa e non abbiamo colpe. Non abbiamo cercato noi lo stallo, non avremmo mai voluto che si arrivasse a questo, con una pandemia in corso e le enormi difficoltà del nostro comparto produttivo – ha affermato il grillino -. Ma è proprio in queste precise circostanze che una forza politica si mostra matura agli occhi del Paese. Oggi si aprono le consultazioni del premier incaricato Mario Draghi, secondo la strada tracciata dal capo dello Stato Sergio Mattarella, che ringrazio. In questa fragile cornice, il MoVimento 5 Stelle ha, a mio avviso, il dovere di partecipare, ascoltare e di assumere poi una posizione sulla base di quello che i parlamentari decideranno. Siamo la prima forza politica in Parlamento e il rispetto istituzionale viene prima di tutto”, ha fatto sapere Di Maio in una nota.

Già, “rispetto istituzionale prima di tutto”. La necessità di “mostrarsi maturi”. E come si può fare? Presto detto: “ingoiandosi” anche Mario Draghi. D’altronde, da ore si parla di un governo tecnico-politico, ossia non solo ed esclusivamente tecnico. E poiché il Pd in ogni caso appoggerà l’ex governatore della Bce, è ovvio che l’unico governo (anche) politico passi per forza di cose dal M5s (poiché, eccezion fatta per Forza Italia, nessuno a destra starebbe in un governo “politico” col Pd. E la sola FI non basterebbe). E puntualmente, qualcosa si muove. Poi certo, il M5s potrebbe spaccarsi e non seguire in toto Draghi. Ma se gran parte dei grillini accordasse la fiducia a Draghi, l’operazione-numeri diverrebbe molto più semplice da condurre in porto. 

E così i grillini avrebbero la strada spianata per restare in Parlamento fino al 2023 e incassare denari e benefici, forse gli ultimi, poiché le Camere, per loro, alla prossima tornata non saranno più territorio di conquista. Anzi. E, non ultimo, questo governo “tecnico-politico” potrebbe permettere al M5s di ottenere qualcosa di concreto: in primis una riforma elettorale favorevole. Ma anche l’elezione del prossimo inquilino del Quirinale, in tandem con quel Pd che, in caso di sì grillino a Draghi, diverrebbe un alleato sostanzialmente strutturale.

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