Il Csm si ostina a chiamarsi fuori dallo scandalo. Ed è scontro
L’indignazione «pelosa» del vicepresidente del Csm, David Ermini. La replica al vetriolo dell’ex magistrato Luca Palamara. Lo scontro a distanza ha al centro il libro «Il Sistema» (Rizzoli), in cui Alessandro Sallusti intervista l’ex presidente della Anm ed ex componente del Csm, poi radiato dalla magistratura e indagato a Perugia sui traffici di nomine correntizie e sulle commistioni tra politica e ordine giudiziario.
Succede che Ermini, nel suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte di appello di Roma, si erga a moralizzatore citando appunto le rivelazioni contenute nel volume, e che lo riguardano direttamente, come «scorie» che infangano l’immagine della magistratura. Inizia così: «Credibilità e fiducia nelle istituzioni giudiziarie sono i valori che tutti insieme dobbiamo riaffermare, perché credibilità e fiducia costituiscono l’unità di misura dell’affidamento sociale nell’autonomia e nell’indipendenza della magistratura». E poi attacca: «Le note e dolorose vicende, le cui scorie ancora circolano in questi giorni, hanno reso evidente una degenerazione correntizia non più sopportabile. Sul Consiglio gravava e grava l’obbligo di dimostrare di saper continuare ad assolvere la funzione di governo autonomo della magistratura attribuitagli dalla Costituzione ciò non solo attraverso la serietà e puntualità nell’accertamento delle responsabilità disciplinari (nonché attraverso l’impegno e la continuità del lavoro istituzionale), ma anche (e principalmente) attraverso le modalità di assunzione delle deliberazioni».
Ermini, dunque, se ne tira fuori, pur riconoscendo che il «caso Palamara» ha svelato la «degenerazione correntizia» e passa oltre, come se si trattasse semplicemente di un vergognoso passato da buttarsi alle spalle, mentre il presente dimostra tutta trasparenza e correttezza.
Solo che l’attuale vicepresidente del Csm, indicato dal Pd allora renziano, viene citato nel libro a proposito della sua nomina (e anche di altri rapporti con Palamara)sostenuta da un accordo politico-correntizio tra l’allora leader di Unicost Palamara e i renziani Cosimo Ferri e Luca Lotti, peraltro indagato per il caso Consip. Non solo politici ma anche magistrati, leggendo queste chat hanno commentato che la sua conferma a Palazzo de’ Marescialli, nel pieno della bufera, dimostra che il vituperato Sistema non è superato ma tuttora vigente.
Ed è quello che fa capire, in una dura risposta, lo stesso Palamara. «La reazione del vicepresidente del Csm al mio libro non sembra molto istituzionale in quanto il termine scorie mal si addice al settore magistratura. La ricerca della verità dovrebbe interessare tutti noi a meno che qualcuno non pensi che la verità danneggi la propria immagine o i propri interessi personali. Sicuramente è un libro di chi ama la magistratura. Troppo comodo voler nascondere la polvere sotto al tappeto sperando nel capro espiatorio sacrificato sull’altare della mancata riforma della giustizia. Le correnti non le ho inventate io, sono stato un protagonista di quel sistema e l’ho descritto in modo vero e trasparente nel mio libro e chi si erge oggi, fintamente indignato, a giudice di quel sistema proprio dal pulpito nel quale è stato catapultato dal sistema stesso che oggi critica, quanto meno ha problemi di coerenza. A meno che Ermini non pensi che io sia diventato radioattivo solo dopo la sua nomina a vicepresidente del Csm».
Palamara allude appunto alla cena del 25 settembre 2018 a casa del laico renziano del Csm Giuseppe Fanfani, cui lui partecipò (ed era già indagato) con Ermini, il deputato di Italia viva e già leader di Magistratura indipendente Cosimo Ferri e l’ex ministro Luca Lotti, altro deputato renziano, appunto per stringere l’accordo correntizio tra Unicost ed Mi che 48 ore dopo portò Ermini sulla seconda poltrona di Palazzo de’ Marescialli. A cose fatte, Palamara gli scrisse: «Godo! Insieme a te!». Sallusti presenta “Il sistema”Pubblica sul tuo sito