Maria Elena Boschi all’Economia dopo aver rovinato i risparmiatori italiani: l’idea “criminale” di Matteo Renzi
Il primo giro di consultazioni con l’esploratore Roberto Fico si è concluso con un indirizzo chiaro da parte di tutti i partiti: mettere nero su bianco il da farsi, sottoscrivere un patto di legislatura e proseguire fino al 2023 affidandosi a un cronoprogramma partorito dalle forze di maggioranza. Il problema non è tanto la stesura di un piano per blindare la poltrona per i prossimi due anni, ma il fatto che Italia Viva non sembra indietreggiare sui temi caldi e che il Movimento 5 Stelle non vuole sentire parlare di Mes e di questioni divisive. I renziani lo vanno dicendo da giorni ormai: prima i contenuti, poi i nomi. Ma prima o poi ai nomi si arriverà e a quel punto la domanda sorgerà spontantea: il profilo di Giuseppe Conte sarà digerito oppure Iv punterà su un’altra figura?
Il presidente della Camera dovrà verificare se esitono i presupposti per formare un nuovo esecutivo con le stesse forze che hanno sostenuto quello precedente. E se il Conte-ter dovesse fallire? “Se non riesce, Renzi ha chiuso con il suo potere di interdizione. E si penserà ad altro“, è ciò che circola negli ambienti del Colle. Seppur i toni accesi e provocatori abbiano subito un momentaneo stop, la strada resta in salita e di instabile percorribilità: le insidie sono tante e l’ombra di un incidente è dietro l’angolo. Anche perché pare che proprio sulla spartizione delle poltrone si entrerà nel vivo e le carte scoperte potrebbero far saltare tutto. Certo, le stretegie dell’ex sindaco di Firenze possono portare ovunque: è imprevedibile, “ma non fino al punto di autodistruggersi“.
Il sogno di Renzi
La partita per la formazione della squadra giallorossa si farà apertissima: bisognerà nominare ministri e sottosegretari, senza dimenticare che nel mirino di Italia Viva sono finiti Roberto Gualtieri (Economia), Alfonso Bonafede (Giustizia) e il commissario all’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri. Il sogno di Renzi, come scrive Marco Antonellis su Affari Italiani, sembra essere lampante: Maria Elena Boschi al ministero dell’Economia. In subordine Marattin, Panetta o Ruffini. L’ex ministro delle Riforme, nell’intervista rilasciata alla Stampa, ha sottolineato le divergenze su giustizia e Recovery Fund: “Individuato il programma vedremo chi è più adatto ad attuarlo. Ammesso che si riescano a creare le condizioni per un governo politico“.
Sì, perché nei confronti dell’avvocato sono arrivate parole che non gli faranno dormire sonni tranquilli: “Mi pare riduttivo che di fronte ai problemi del Paese la discussione giri solo intorno al nome di Conte“. La delegazione renziana infatti si è detta disponibile a un esecutivo politico ma non a tutti i costi, dando la disponibilità anche a uno di tipo istituzionale “ancorché come extrema ratio“. E il nome di Mario Draghi, non è una novità, viene visto di buon occhio da Iv: “Penso che nessuno possa dubitare del valore di una figura come la sua che rappresenta un orgoglio italiano. Ma i nomi spettano al presidente della Repubblica, non a noi“.
Da M5S e Partito democratico c’è chi però ha subito alzato la voce. “L’Economia ad un partito che vale il 2%? Non se ne parla“, viene esclamato in maniera stizzita. Sarà fondamentale vedere fino a che punto 5 Stelle, Pd e Liberi e uguali saranno disposti a esaudire le richieste del gruppo di Iv che già da tempo non esprime particolare simpatia verso Lucia Azzolina e Rocco Casalino. Li faranno tutti fuori per tenere a bada lo spirito reazionario di Renzi? Difficile, ma qualche contentino gli dovrà essere riconosciuto. Nel frattempo, come riportato da ilGiornale in edicola questa mattina, il borsino del partito segna 50% governo politico (Conte o Fico o Patuanelli) e 50% governo istituzionale (Draghi o Cartabia).
Governo sotto ricatto
“O Conte premier o si va al voto“, è il refrain degli alleati. Che però potrebbero mollare Giuseppi qualora l’ipotesi del ritorno anticipato alle urne si dovesse fare concreto. Sarebbero così costretti a decidere se puntare su un altro nome o se effettivamente sposare la strada delle elezioni. L’intenzione dell’ex sindaco di Firenze è quella di tenere (ancora) la golden share e dunque di continuare a dettare la linea del governo. Vanno in questo senso, come si legge ancora su Affari Italiani, le parole riferite ai suoi: “Se sarà Conte-ter sarà solo alle mie condizioni“.
Così i giallorossi finiranno nuovamente sotto il continuo e perenne ricatto del partito di Matteo Renzi, visto che per adesso il numero di voltagabbana emersi è così basso da ritenere i voti di Italia Viva indispensabili per evitare la caduta. I fattori spinosi non mancano. A far discutere sarà il Meccanismo europeo di stabilità: da una parte il reggente grillino Vito Crimi l’ha definito un “tema provocatorio, utilizzato a volte in maniera strumentale per essere divisivi“; dall’altra il leader di Iv ha invece ribadito con forza che “quei soldi servono“. Come se non bastasse, Renzi ha confermato che sulla graticola potrebbe finire il reddito di cittadinanza: “Siamo disponibili a discuterne e per questo chiediamo che lo siano anche i 5 Stelle. Ci sono molti elementi divisivi: il Mes, le infrastrutture, il reddito di cittadinanza, i banchi a rotelle. Su tutti questi temi ci sono opinioni diverse. Nessuno può pretendere di imporre agli altri le proprie idee“. Le carte di tutti i protagonisti restano ancora coperte: un secondo giro di consultazioni potrebbe servire per girarle e vedere se il Conte-ter può nascere oppure resterà un’utopia di pentastellati e dem.