La linea Biden ora spacca la Chiesa: vescovi allo scontro
Gli osservatori più attenti se lo aspettavano: l’avvento di Joe Biden sta modificando la grammatica dello scontro tra cattolici negli Stati Uniti. Con Trump alla Casa Bianca era la base a poter vantare rappresentanza piena, mentre i vertici ecclesiastici sgomitavano nel nome della lotta al populismo-sovranista ed alle sue declinazioni pratiche. Con il leader dei Dem salito sullo scranno più alto degli States, è la base a lamentarsi della linea, mentre i vescovi finiscono inevitabilmente per spaccarsi sulla bioetica. Si tratta di uno scenario prevedibile, che si sta verificando sin dalle prime ore dopo l’insediamento.
Tra i primi provvedimenti adottati dal leader degli asinelli, vale la pena annoverare anche quelli che riguardano l’aborto. In sintesi, Biden ha ripristinato alcune modalità in grado di sovvenzionare le pratiche abortive. Trump aveva delimitato il campo, combattendo quelle che per i pro life sono le “industrie dell’aborto”. Simbologie diverse che hanno spaccato l’opinione pubblica americana negli ultimi decenni. Queste sono fasi in cui il livello dello scontro, anche per via della forte polarizzazione che interessa gli ambienti ecclesiastici, sembra aver raggiunto il suo apice.
L’aborto, come tutte le questioni aperte che riguardano la bioetica, è già un tema divisivo di per sé, ma questi sono tempi in cui si sta combattendo una battaglia campale per l’avvenire dei “nuovi diritti”, con conservatori e progressisti che fanno fatica, mai come oggi, a trovare punti di convergenza. Del resto per la destra tradizionalista c’è poco da trattare sui “valori non negoziabili”. Con Donald Trump fuori dalla Casa Bianca, però, i Democratici hanno dinanzi un’autostrada per disegnare il tipo di mondo che hanno sempre sognato, “nuovi diritti” compresi. La Chiesa, che è sempre stata anti-trumpiana per lo più, non può però derogare sulla bioetica.
Per quanto Biden sia stato percepito come preferibile a Trump dai consacrati, in specie per via della visione della gestione dei fenomeni migratori e per il ripristino del multilateralismo diplomatico, adesso la Chiesa cattolica deve far fronte ad una problematica nuova: come sostenere un presidente che si dice cattolico, ma che è schierato con chi vuole destrutturare i grandi punti fermi del diritto naturale secondo l’interpretazione cattolica? Si pensi pure alla venuta meno del divieto, per gli atleti transgender, di partecipare alla competizione sportiva riservata al genere sessuale con cui si identificano: Biden ha segnato un punto in favore alla cosiddetta “ideologia gender“, e persino la “Chiesa in uscita” di papa Francesco non può che segnalare l’esistenza di una pericolosa “deriva” sul “pendio scivoloso”.
L’episcopato americano ha diramato un comunicato al vetriolo: “È grave – hanno messo nero su bianco i vescovi Usa – che uno dei primi atti ufficiali del presidente Biden promuova attivamente la distruzione di vite umane nelle nazioni in via di sviluppo”. E ancora: “Quest’ordine esecutivo è antitetico alla ragione, viola la dignità umana ed è incompatibile con l’insegnamento cattolico. Noi e i nostri fratelli vescovi ci opponiamo fermamente a questa azione”. A capitanare la critica c’è l’arcivescovo Jose Gomez, che è l’equivalente del presidente della Cei italiana per l’organizzazione episcopale degli Stati Uniti.
La sinistra ecclesiastica, con i tanti cardinali nominati da Bergoglio nel corso del suo pontificato, sta provando a ridimensionare la cosa, ma ormai il dado è tratto: Biden avrà un avversario in più nella Conferenza episcopale americana, che durante il mandato di Trump si è soprattutto distinta per le critiche mosse nei confronti delle chiusure ai confini. La base dei fedeli è peraltro intransigente, e se i vertici ecclesiastici non dovessero pungolare Biden sulla bioetica, lo scollamento tra l’alto ed il basso della Chiesa diventerebbe incolmabile, con tutto quello che ne potrebbe conseguire.
La Chiesa non è tutta schierata con il presidente in carica: una novità, che forse non tutti avevano calcolato, ma che rischia d’influenzare il clima ed il dibattito pubblico nel corso dei prossimi quattro anni.