Elogio del nulla, cioè di Scanzi
Se Socrate nel Fedro di Platone è riuscito in un’impresa che mai nessun uomo aveva realizzato – descrivere le meraviglie dell’Iperuranio – noi oggi tenteremo di compiere qualcosa di ancora più arduo e mirabolante: descrivere il nulla, cioè Andrea Scanzi. Il nulla, come si sa, è inafferrabile, invisibile, intangibile, incolore. Il nulla, in effetti, non esiste. E lo stesso può dirsi della “rockstar del giornalismo italiano”: inafferrabile, invisibile, intangibile, incolore. Egli non è un uomo, ma un ologramma, un flatus vocis, un pulviscolo molecolare, una proiezione della mente. La natura indefinita e indefinibile rende tuttavia il nostro estremamente duttile e versatile.
Scanzi, il ventriloquo della narrazione dominante
Scanzi fiuta e si adatta allo spirito dei tempi con una facilità impressionante, è sempre sul pezzo, non sbaglia un colpo ed è in grado di compiere le più acrobatiche giravolte. Così se il 25 febbraio del 2020 − durante una diretta Facebook che ebbe la bellezza di 7 milioni di visualizzazioni, come ci tenne a precisare con la modestia che lo contraddistingue − parlando del Covid rassicurava i suoi devoti e le sue groupie affermando con toni baldanzosi quanto coloriti “non è una malattia mortale porca di una puttana troia ladra”, e definendo “deficienti” quanti avvertivano della pericolosità del virus, di lì a poco sarebbe diventato il cantore del governo Conte.
D’altronde bisogna riconoscere che il ruolo di influencer e cheerleader di regime gli calza a pennello (il physique du rȏle indubbiamente ce l’ha, con buona pace dei detrattori di Lombroso): sempre pronto a celebrare le meraviglie dei Dpcm – tra cui la distruzione sistematica e meticolosa dell’economia italiana, qualche centinaia di migliaia di aziende fallite e un bel po’ di suicidi − a decantare gli effetti benefici dei vari lockdown – soprattutto per chi ha perso il lavoro, come ad esempio seguire un corso online di Pilates o scoprire i benefici della tisana al rabarbaro – ad individuare l’untore pubblico di turno − i runner, i giovani, i fascisti (questi ultimi non guastano mai) – egli è il megafono della verità ufficiale, il ventriloquo della narrazione dominante.
Essendo il nulla, può diventare qualsiasi cosa
Scanzi è così, coglie l’attimo, sente dove tira il vento, si adatta alla situazione del momento, è malleabile come il pongo. Oggi si erge a campione della laicità contro le oscure trame dei sovranisti, domani tesse l’elogio del lockdown sotto le feste, che permette alle masse avide di shopping e assembramenti di riscoprire il significato spirituale del Natale, è sia il Grinch sia l’angelo del focolare. Del resto, essendo il nulla, può diventare qualsiasi cosa. Ognuno in effetti può trovare un’assonanza in lui, un profumo di infanzia, una corrispondenza d’amorosi sensi, come diceva il Foscolo: una canzone dei Pink Floyd, una citazione di Gaber, il vino rosso, le gite in moto, un’invettiva contro il global warming, con lui si va sul sicuro, è caldo e rassicurante come una pubblicità del Mulino Bianco.
Imprevedibile come il pecorino nel cacio e pepe, piovoso come una giornata di pioggia e solare come una giornata di sole, Scanzi è come la mamma e la lasagna, piace un po’ a tutti. Guai naturalmente a farselo nemico: il nostro, da buon toscano, ha una lingua particolarmente mordace e corrosiva, ed è un fiero avversario dei poteri forti. I suoi nemici del resto sono piuttosto temibili e nessuno osa attaccarli, tale è il terrore che incutono alle masse: Salvini, Trump, Bolsonaro, Sgarbi, i giornali e gli intellettuali invisi al governo, all’UE, all’ONU, al Papa, all’OMS, a Goldman Sachs, a John Lennon e ai Teletubbies, insomma tutti coloro che tengono in scacco l’umanità e possono assicurare ad un giornalista rampante e anticonformista un posto al sole sui giornali giusti e nei salotti televisivi à la page.
L’esperto di tutto
Come si vede il nostro impavido giornalista, con assoluto sprezzo del pericolo, non ha timore di sfidare coloro che detengono le leve del potere mondiale, e siamo certi che presto si batterà per altre nobili cause, come l’abolizione del potere temporale della Chiesa, la caduta della monarchia borbonica e la fine della servitù della gleba. La sua produzione letteraria del resto è sterminata e ricca di opere mirabili: praticamente il nostro sommo scrittore sforna un libro al mese, che va esaurito prima ancora di essere pubblicato, anzi ancor prima di essere scritto e concepito, tale è la fama e il prestigio di cui gode l’autore. Egli spazia in ogni campo dello scibile, nulla gli sfugge, è esperto in ogni cosa e discetta su tutto: parla con cognizione di causa di politica, economia, medicina, arte, musica, cinema, teatro, calcio, tennis, sesso, cibo, dieta vegetariana, moto, enologia, cani e chi più ne ha più ne metta.
Naturalmente possiede alcune facoltà paranormali, come il dono dell’ubiquità: egli riesce infatti a parlare contemporaneamente in tre programmi televisivi, mentre la sua voce si ode alla radio e la sua penna sferzante miete vittime su Twitter, il tutto senza mai perdere quell’aplomb che lo caratterizza. Un mago, un mistagogo, uno sciamano della parola. Tutto e niente, egli è ovunque e in nessun luogo. Come si fa a non amarlo? E noi di sicuro lo ameremmo, se solo esistesse. Una prece (cit.).