Il falso mito del “modello tedesco”: il piano anti-crisi è insufficiente
In Italia le politiche economiche di aiuto alle attività colpite dalle restrizioni si sono rivelate drammaticamente scarse ed insufficienti. I 29 miliardi di euro relativi ai cosiddetti “ristori” controbilanciano appena una minima parte – neanche il 7% – dei mancati incassi dovuti alle chiusure, che ammontano ad un totale di 423 miliardi di euro. La più frequente ed erronea banalizzazione, tuttavia, consta nell’affermare la presunta unicità del caso italiano – magari accostandolo al “modello tedesco” – in termini di “malapolitica”, sebbene si tratti di un problema diffuso anche fra i nostri “vicini” europei.
Il piano della Germania
Agli albori della scorsa estate, il governo tedesco ha varato un piano economico pari al 4% del Pil. Obiettivo stimolare la domanda tramite il taglio dell’Iva e delle bollette, oltre ad aiuti diretti ad imprese e famiglie. L’esecutivo aveva apertamente affermato di voler iniziare il 2021 con la stessa crescita economica registrata fino allo scoppio della pandemia. Si stimò un taglio dell’Iva pari a 20 miliardi e sovvenzioni sull’elettricità, oltre a 50 miliardi in economia sostenibile e sostegni alle famiglie. Successivamente – in autunno – il governo tedesco ha approvato un nuovo piano di aiuti da 10 miliardi di euro utile a finanziare le Pmi, che avrebbero giovato del rientro del 75% dei ricavi persi.
“Modello tedesco”? Gli aiuti sono in netto ritardo
Sebbene il “modello tedesco” venga preso continuamente come sistema aureo a cui ambire, uno studio dell’Institut der Deutschen Wirtschaft ha attestato un forte ritardo da parte del governo federale nell’erogazione degli aiuti.
In particolare, dei finanziamenti stanziati in settembre – mirati ad aiutare le imprese nella gestione dei costi fissi – soltanto l’8% è giunto a destinazione. Quelli promessi nei tre mesi successivi hanno avuto effetto solamente per il 4%. Nello studio si sottolineano le principali motivazioni di questi pesanti ritardi, identificate in una modifica imprevista delle condizioni di accesso oltre a problemi informatici. Non è da escludere, infatti, che a causa modifiche in corsa dei prerequisiti per accedere ai fondi, alcune imprese tedesche siano obbligate a restituire una parte dei contributi ricevuti.
Le associazioni di categoria si lamentano del governo
L’unione delle piccole e medie imprese – Mittelstandsverbund, o ZGV – che parla a nome di circa 230 mila attività economiche, ha criticato aspramente il governo per la difficoltà di accesso agli aiuti. Precisando poi che un numero crescente di imprenditori è costretto ad indebitarsi autonomamente in attesa dell’intervento statale.
Contemporaneamente il ministro delle Finanze, Olaf Scholz, ha tentato di giustificare i ritardi sopramenzionati banalizzando la crisi. Inscenando una ripresa economica che, a detta di Stefan Genth dell’associazione di categoria dei piccoli commercianti Hde, non c’è ancora stata. Mentre il governo federale chiede fiducia e tempo, le associazioni lamentano un’eccessiva burocrazia per l’accesso agli aiuti e una lentezza generale nell’erogazione. Sebbene appaia costantemente come il migliore, anche il famigerato “modello tedesco” lascia molto a desiderare.