Dal food delivery alle “dark kitchen”: così vogliono far fuori la ristorazione
Quando qualche tempo fa parlavamo della possibile scomparsa di bar, pub, ristoranti, ancora non sapevamo che i vari signori Uber et similia avevano già pensato al post covid. O meglio: al post effetto covid, investendo milioni di dollari nelle nuove frontiere del food delivery dai nomi tristemente evocativi di Dark, Ghost e Cloud Kitchen.
La ristorazione uccisa dal food delivery?
Secondo uno studio della banca di investimenti Ubs, uscito nel rapporto di quasi 100 pagine dal titolo “Is kitchen dead?”, si stima che il food delivery mondiale crescerà fino a 365 miliardi di dollari entro il 2030. Con una crescita del 20% ogni anno rispetto al mercato dei 35 miliardi di oggi. Dati alla mano, infatti, in Italia (e la tendenza è la stessa se non superiore in tutti i paesi che hanno subito restrizioni) nel 2020 l’online food delivery è salito a 863 milioni di euro. In aumento del 46% rispetto al 2019. Ancora parliamo però di ristoranti e locali chiusi da Dpcm che hanno affidato ai rider la consegna dei loro prodotti. Preparati e confezionati dunque da cuochi facenti parte di una struttura che in condizioni di normalità esiste ed è aperta al pubblico.
Cosa sono le “dark kitchen”
Nel caso delle “dark kitchen“, invece, non abbiamo un ristorante o più in generale un locale con i suoi clienti, bartender, cuochi e camerieri, ma solo un luogo composto da quattro mura e una cucina con una serie di marchi (texmex, sushi, bisteccheria e via dicendo) e dei veri e propri operai la cui unica mansione è quella di assemblare prodotti preconfezionati e surgelati e riscaldarli con a seguire imballaggio e spedizione. La fine della ristorazione tout court e della socializzazione. Parliamo di milioni di persone che, già atomizzate dalle relazioni virtuali da social network, avevano almeno la possibilità nel fine settimana di uscire di casa, incontrare altri simili, passare del tempo insieme, conoscersi e chiacchierare e finire a parlare – sia mai! – di politica o dei grandi temi che concernono l’esistenza di ognuno di noi.
Dal lockdown all’autoconfinamento
Il futuro è già in atto. Soprattutto i suoi investitori. Quelli che, a differenza di tutti noi, hanno guadagnato miliardi grazie alla pandemia e alla crisi che ne è seguita. Proprio come gli avvoltoi che si avventano sui cadaveri per rosicchiarne e strapparne via tutto il contenuto, hanno preparato da anni questo mondo post apocalittico in cui l’uomo viene letteralmente svuotato da ogni legame con tutta la sua storia e quindi da se stesso. Gli mancava il pretesto per accelerare il processo e convincerci che da soli e a casa stava meglio che con gli altri e in società.
Al lockdown da covid seguirà quindi l’autoconfinamento. Lo smart working di Tyler Durden in Fight Club, la prigione mentale di Mr Tuttle in Brazil o di Miss Hammond in V for Vendetta, la quarantena infinita in compagnia di Alexa, Netflix, Deliveroo, Uber e Amazon. Big Brother is watching you. Buon 1984 a tutti.