Medici e infermieri al tempo del Covid: tra murales e personalismi, un’eroicizzazione fuori luogo
«Giuro […] di prestare assistenza d’urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’autorità competente», recita un passo del lungo giuramento di Ippocrate. «Io consacro la mia vita al servizio dell’umanità […] giuro di mettere la mia vita al servizio della persona umana […] di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’autorità competente, prestando la mia assistenza professionale a qualsiasi malato ne abbia bisogno» recita un passo dell’altrettanto lungo giuramento degli infermieri.
Un’eroicizzazione fuori luogo
Menzionare questi passaggi dei giuramenti di medici e infermieri è importante in questo momento delicato. Un momento nel quale tutti sono chiamati – chi rinunciando anche a moltissimo, chi agendo – a cooperare per superare la pandemia che stiamo da mesi tutti vivendo. Un momento nel quale l’atteggiamento dell’opinione pubblica – e anche della politica – verso gli operatori sanitari va sempre più nella direzione di una eroicizzazione che pare del tutto fuori luogo. Murales, canzoni sotto gli ospedali, servizi televisivi, interviste, video personali e chi più ne ha più ne metta.
Un atteggiamento fuori luogo e, a ben vedere, ipocrita. E che rischia di ledere gli stessi operatori sanitari, i quali, più che la gloria e il pubblico plauso, chiedono (a parte qualche assetato di notorietà) un migliore trattamento economico e un migliore trattamento in termini di servizi (protezioni, strumenti, ecc.) e di personale (più personale e dunque turni più accettabili). È probabile che queste istanze, sacrosante, rimarranno tali. A fronte tuttavia di una (scontata e abbastanza patetica) glorificazione ed esaltazione del personale sanitario, che sarà sicuramente oggetto di premi, discorsoni, paroloni sia sui media che nel mondo della politica.
Atteggiamento, questo, non certamente nuovo. Non è forse successo lo stesso ai soldati della Grande Guerra? Stremati, furono ingannati dalla promessa, in caso di vittoria, di terre e di una maggiore equità. Si sono poi ritrovati, una volta a casa, a mani vuote e, anzi, più poveri e disgraziati di prima. Le richieste di chi opera nel mondo sanitario non sono certo nuove. Oggi, però, se ne parla in ogni dove perché la pandemia ha dimostrato cosa può accadere quando un sistema sanitario è bistrattato e carente. Questo grazie ai tagli scellerati alla sanità che sono stati fatti negli ultimi decenni.
Medici e infermieri hanno scelto di esserlo
D’altro canto, però, non è nemmeno possibile lasciarsi trascinare dalla retorica eroicizzante a cui si sta assistendo. Medici e infermieri non sono affatto degli eroi. Semplicemente perché l’eroe è colui che, non essendo obbligato a farlo, si sacrifica – o sacrifica qualcosa che gli è molto caro – per gli altri, per una causa. Nel caso di medici e infermieri, il discorso è molto diverso. Quando hanno deciso, in assoluta libertà, di svolgere la professione che svolgono, medici e infermieri hanno giurato di mettersi al servizio della collettività. E un giuramento è un giuramento.
È dunque assolutamente inaccettabile che, in un momento come questo, si sia sentito parlare di sciopero di medici e infermieri. È come se si sentisse parlare di sciopero dei militari durante la guerra! La disobbedienza civile è sempre lecita. Lo è quando si viene obbligati a qualcosa senza aver prima scelto. Se uno, senza scegliere, viene obbligato al servizio militare ha il diritto – almeno, secondo una certa prospettiva ideologica – di rifiutarsi. Ma se uno sceglie di fare il soldato – e giura di essere un soldato – perde quel diritto: ha scelto quella strada e, chiamato alla guerra, va alla guerra. È una questione d’onore.