Covid, quanto sapeva Bruxelles? Giallo sulle carte fornite da Roma
Non vedo, non sento, non parlo. Dico ma non dico. Un po’ fingo di non capire. E rispondo con tante parole senza mai entrare nel merito. Deve essere stata questa la linea seguita dagli uffici della Commissione europea quando si sono messi alla scrivania per redigere la risposta all’interrogazione parlamentare presentata dall’eurodeputata Silvia Sardone.
L’obiettivo della leghista era quello di avere un quadro più chiaro sull’ormai famoso “piano segreto” anti Covid annunciato urbi et orbi dal direttore generale del ministero della Salute, Andrea Urbani: “Il governo vi aveva fatto sapere qualcosa? – si era domanda l’onorevole – Oppure anche a voi ha tenuto nascosto il documento”?. La commissaria Stella Kyriakides, o chi per lei, si è allora seduta al tavolo, ha preso carta e penna e ha vergato 278 parole per non dire praticamente nulla: nessuna risposta precisa. Così ancora oggi restano gli stessi dubbi di prima. E forse pure qualcuno in più.
Eppure le domande erano chiare. L’Italia, dopo aver redatto il “Piano operativo di preparazione e risposta a diversi scenari di possibile sviluppo di un’epidemia da 2019-nCov”, lo ha fatto sapere all’Europa? Ha detto a Bruxelles che i calcoli degli epidemiologi prevedevano migliaia di infetti e di morti? Ha spiegato alla Commissione come avrebbe voluto agire, anche solo per aiutare le altre capitali Ue a rendersi conto del pericolo? Domandare è lecito, rispondere sarebbe in questo caso un dovere.
Per capire la replica dell’Ue partiamo da quanto chiesto due mesi fa dalla Sardone. Il testo dell’interrogazione era piuttosto limpido (leggi qui): “Nello scorso aprile – si leggeva – Andrea Urbani, membro del Comitato tecnico scientifico italiano, ha rivelato l’esistenza di un documento, redatto nei mesi precedenti, su cui gli esperti assicurano di essersi basati per guidare le scelte dell’esecutivo nei mesi più neri del contagio. Questo documento non è mai stato presentato in via ufficiale né ai cittadini né ai parlamentari italiani che lo hanno richiesto”. Per rendere più chiaro il concetto, la leghista spiegava che “nel libro, dal titolo Libro nero del Coronavirus, di Giuseppe De Lorenzo e Andrea Indini, si parla della strana decisione del governo di tenere nascosto il ‘piano’ anche ai governatori delle Regioni e, allo stesso tempo, delle manovre per non divulgarlo alla stampa e al Parlamento italiano”. Ciò premesso, voleva sapere: a) “I piani di gestione dell’emergenza degli Stati membri sono stati condivisi con la Commissione?”; b) “La Commissione ha mai inviato agli Stati membri delle linee guida su come affrontare la pandemia nei primi mesi dell’emergenza?”. Più chiari di così si muore.
Ecco invece la replica europea (leggi qui). L’Ue ricorda che ogni tre anni gli Stati membri devono riferire a Bruxelles “in merito alle disposizioni relative alla pianificazione della preparazione e della risposta” alle gravi minacce transfrontaliere a livello sanitario. Le ultime relazioni risalgono al 2017. La Commissione spiega che “gli aggiornamenti sulla pianificazione della preparazione contenuti nelle relazioni trasmesse dagli Stati membri sono stati discussi dal comitato per la sicurezza sanitaria, anche nel contesto della pandemia”. Cosa ne è emerso? Nella sua risposta l’Ue non lo dice. Però precisa di non avere il potere di “effettuare verifiche delle informazioni contenute nelle relazioni periodiche trasmesse dagli Stati membri”. Come a dire: se Roma ci ha mentito, non potevamo saperlo.
Tutto bello. Ma che c’azzecca con l’interrogazione posta dalla Sardone? Che c’entra il “Piano segreto” realizzato tra febbraio e marzo con le relazioni del 2017? “Nulla”, dice la leghista al Giornale.it. Nelle 278 parole della risposta Ue, infatti, non viene mai citato né il “piano” di Urbani né qualcosa di simile. L’unica rivelazione è che “all’inizio della pandemia da Covid-19” Bruxelles sostiene di aver “chiesto agli Stati membri di comunicare se fossero in corso aggiornamenti o revisioni dei rispettivi piani di preparazione alla pandemia”. Bene. A quanto pare “la maggior parte dei paesi, compresa l’Italia, ha comunicato che erano in corso revisioni del piano per la pandemia di influenza o dei piani nazionali di preparazione”. Ottimo. Vero è che in Italia ad aprile del 2019 alcuni gruppi di lavoro si riuniscono allo scopo di mettere a punto una “Revisione del piano nazionale di risposta ad una pandemia influenzale” (leggi qui). Ma questo riguarda il piano pandemico influenzale generico (quello, per intenderci, che l’Italia pare non avesse più aggiornato dal 2006), non il “piano operativo” contro il Covid di cui parlò Urbani. Si tratta di due documenti distinti. Le opzioni allora sono tre: o la Commissione non ha capito bene le domande (ne dubitiamo); o ha ricevuto il “piano segreto”, ma non intende farlo sapere a nessuno; oppure il governo oltre alle Regioni e ai cittadini, ha tenuto all’oscuro di tutto pure l’Unione Europea.
“Finalmente ho ricevuto risposta da parte della Commissione Europea – attacca la Sardone – Peccato che la risposta sia molto evasiva: si parla di una revisione del piano per affrontare la pandemia di influenza da parte dell’Italia, anche se la mia richiesta era molto specifica, ovvero sapere se esiste un piano di gestione dell’emergenza condiviso con l’Unione Europea. Le cose sono due: o il famoso documento di cui ha parlato Andrea Urbani, membro del Comitato tecnico scientifico italiano, su cui gli esperti assicurano di essersi basati per guidare le scelte dell’esecutivo nei mesi più neri del contagio, non è mai stato trasmesso dall’Italia all’Ue oppure l’Ue non ne vuole parlare per chissà quale motivo. Una cosa è chiara: la gestione della pandemia da parte del governo Conte non è trasparente e molte sono le ombre. È grave il fatto che gli italiani non possano essere informati delle scelte del governo, specialmente vista la particolarità del momento”.
il giornale.it