Domenico Arcuri, la denuncia dei medici: non vuole pagare gli specializzandi che inietteranno il vaccino al coronavirus

Allora, facciamo due conti. Nell’anno in corso tra aiutini, sussidi e spese varie il governo ha già stanziato oltre 100 miliardi caricati sul nostro debito pubblico, altri 40 sono previsti dalla manovra, poi c’è un ulteriore scostamento di bilancio, si dice di una ventina di miliardi, programmato per gennaio in attesa che arrivino i 209 miliardi del Recovery. Tanta roba. Eppure, sembra che non si riescano a trovare un po’ di spicci per dare qualche euro a chi ci farà i vaccini. Possibile? Andiamo con ordine. Un paio di giorni fa il commissario straordinario Domenico Arcuri ha presentato in pompa magna la grandiosa campagna di vaccinazione prevista che dovrebbe partire a metà gennaio. Logo (una primula), archistar (si è scomodato Stefano Boeri, che a differenza del fratello continua a collaborare col governo), slogan ad effetto (l’Italia rinasce con un fiore) e tanto ottimismo.

Gli ingredienti per un buon annuncio ci sono tutti. Passando ai dettagli un po’ più concreti, però, ci si rende conto che, come già accaduto più volte nei mesi scorsi, i tasselli sono ancora tutti sparpagliati. Alcuni non ci sono proprio. Prendiamo i gazebo. A breve la vaccinazione partirà anche nei padiglioni (1.500 a regime) che saranno installati nelle principali piazze delle città italiane. E non si tratta di tende da campo, ma di eleganti strutture a forma di primula disegnate dallo stesso Boeri. A che punto è la realizzazione? «Stiamo elaborando un budget e la scheda di realizzazione dei gazebo», spiega Arcuri, «pensiamo che ci saranno molte aziende che svolgeranno questa funzione pro bono, ci aspettiamo e siamo certi che ciò accadrà, in qualche caso già lo sappiamo; non sarà la questione economica da considerare, molti ci regaleranno o ci stanno regalando il frutto del loro ingegno e del loro lavoro».

APPUNTAMENTO CON LA STORIA
Avete capito bene. Per l’appuntamento con la storia, per l’operazione che potrebbe liberare una volta per tutte il Paese dalla piaga che ci ha colpito, il commissario anti-Covid confida nella generosità degli imprenditori, nel buon cuore di qualche società che gli regali l’occorrente. Difficile capire se sia un modo per risparmiare un po’ di quattrini o per evitare altri spiacevoli inconvenienti sui bandi. Ma passi per i gazebo. Le iniezioni, del resto, si possono fare anche in un anonimo furgoncino attrezzato. Però i medici, quelli non si possono sostituire. Ecco la versione di Arcuri: «Un paio di giorni fa abbiamo lanciato la call, per chiedere, come se fossimo in guerra, una sorta di chiamata le armi, a 3.000 medici e 12.000 infermieri per darci una mano in questa campagna». Qui, sembra di capire, il bando si farà. Assunzioni a tempo determinato per nove mesi. Il mistero è dove trovare il personale. Ci sono in questo periodo professionisti a spasso disponibili per un incarico temporaneo? Boh. Gli infermieri hanno già detto che una follia. «Perché non coinvolgere gli oltre 30mila operatori che operano già sul territorio e negli ambulatori, oppure gli altri 250mila tra liberi professionisti e dipendenti privati che sarebbero tutti ben contenti di mettersi in gioco e integrare il proprio stipendio?»., si è chiesto il presidente del Nursing Up, Antonio De Palma.

PRESTAZIONI PROFESSIONALI
E i medici? Stesso discorso. Con l’aggiunta che 3mila non basteranno mai a gestire le milioni di vaccinazioni che passeranno per i gazebo. Ed ecco la soluzione: utilizzare i circa 30mila specializzandi. Per giunta, neanche ci sarà bisogno di pagarli. In cambio riceveranno, udite udite, un bel malloppo di crediti formativi. L’ipotesi, che sta circolando con insistenza negli ambienti sanitari, ha fatto saltare sulla sedia Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo). «Qui non c’è alcuna attività formativa», spiega a Libero, «nel momento in cui devi fare una semplice vaccinazione si tratta di prestazioni professionali e come tali devono essere retribuite». Anelli non si spiega quale sia la logica di questa pensata, ma di una cosa è certo: gli specializzandi rischiano di essere presi per i fondelli. «Non sono studenti», tuona, «ma medici a tutti gli effetti che stanno accrescendo le proprie competenze e nessuno può permettersi di trattarli in maniera differente dagli altri, di mortificare la loro professionalità».

Che la possibilità sia più di un’idea frullata nella testa di Arcuri per togliersi dall’impaccio con un tozzo di pane e senza dover firmare troppe scartoffie ce lo dicono gli stessi specializzandi, secondo cui il ministro dell’Università, Gaetano Manfredi, avrebbe già annunciato ai presidi delle facoltà di medicina la norma per rendere la campagna vaccinale “attività formativa professionalizzante”. «Consapevoli della gravità del momento e desiderosi di aiutare ancora una volta il Paese», protesta Federica Viola, vicepresidente di FederSpecializzandi, «chiediamo che il nostro coinvolgimento venga adeguatamente riconosciuto e retribuito come verrebbe fatto per qualsiasi altro professionista sanitario, non abusando semplicemente del nostro spirito di servizio». Uno vergogna? Sì, ma già accade. E il ministro della Salute, Roberto Speranza lo sa bene. Sembra infatti che dall’inizio della pandemia tutti gli operatori sanitari, così come previsto dal Cura Italia, ricevano un compenso per ogni singolo tampone effettuato. Tutti, rivelano gli specializzandi, «tranne noi». 

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