Reddito di cittadinanza, il sussidio ad altri 50 parenti di ‘ndraghetisti. E Di Maio fa il martire
“Sembra quasi surreale dover difendere ogni giorno il reddito di cittadinanza“. Inizia così il lungo post su Facebook con cui Luigi Di Maio si scaglia contro chi critica la misura. Il ministro degli Esteri li definisce “in malafede” e impegnati a pensare “solo alla propria propaganda” e ne bolla come “illogico e ipocrita” il ragionamento. Fingendo di non sapere su cosa poggia, quel ragionamento. Se “ogni giorno c’è da difendere il Reddito di cittadinanza”, infatti, è perché ogni giorno ne esce una nuova. L’ultima: la scoperta a Reggio Calabria di altri 50 approfittatori, la maggior parte dei quali familiari diretti di ‘ndranghetisti, per un danno alle casse dello Stato di 375mila euro. Altri 375mila euro.
Di Maio fa il martire: “Attaccate me”
“Mi rivolgo a chi è in malafede, a chi pensa solo alla propria propaganda: volete attaccare qualcuno? Bene, attaccate pure me, ma lasciate in pace chi non riesce neanche ad arrivare alla fine del mese. Abbiate rispetto del dolore e mettetevi una mano sulla coscienza“, ha scritto Di Maio, come se le critiche al Reddito di cittadinanza fossero attacchi personali a chi ne beneficia legittimamente e non un faro sui gravi abusi e sulle mancanze che accompagnano quotidianamente il sussidio.
Dal lavoro insistente alle frodi, che sarà mai?
Ma il tema delle enormi debolezze della misura non sembra sfiorare Di Maio, se non superficialmente. Il ministro, infatti, le minimizza, derubricandole quasi a fatto fisiologico. Il reddito di cittadinanza non ha prodotto lavoro? “Sono decenni che c’è bisogno di lavoro”. Ha fatto emergere “i furbetti”? “Da sempre ci sono persone disoneste”. I controlli? “Come se spettasse al governo farli”.
Dai controlli un atto d’accusa al M5S
In realtà, il tema dei controlli, che significa lotta ai furbetti, è in capo al governo tanto quanto quello del (mancato) lavoro. E, non a caso, proprio in questi giorni è al centro del dibattito sul “tagliando” che lo stesso M5S ha ammesso essere necessario. Intanto, a fare i controlli ci pensano le forze dell’ordine. E ogni caso di frode che scoprono è un nuovo atto di accusa al M5S, che non è stato in grado di concepire a monte un sistema per evitare che milioni di euro finissero nelle tasche di chi non ne aveva diritto o, peggio, li ha usati per finanziare terroristi islamici o comprare la droga da spacciare.
Il reddito di cittadinanza agli ‘ndraghetisti
L’ultimo di questi atti d’accusa arriva da Reggio Calabria, dove i carabinieri hanno individuato 50 persone che percepivano illecitamente il Reddito di cittadinanza, fra queste vi sono anche parenti diretti di ‘ndraghetisti, elementi spicco della cosca Bellocco-Pesce di Rosarno. Si tratta direttamente di soggetti già condannati per associazione mafiosa e figure apicali della ‘ndrangheta del mandamento Tirrenico o di familiari stretti che hanno “dimenticato” di segnalare la presenza di carcerati e pregiudicati nel nucleo familiare. Poi ci sono i casi “classici” di membri dello stesso nucleo familiare che percepivano un sussidio ciascuno o non denunciavano altre entrate.
Milioni di euro elargiti a furbi e criminali
Solo per questi 50 il danno erariale complessivo è stato stimato in circa 357mila euro. Ma agli ultimi 50, vanno aggiunti altri 37 indebiti percettori scoperti nella stessa zona a giugno, per un totale di 87 illeciti e un danno di circa 1 milione di euro. E, ancora, gli altri 101 ‘ndraghetisti con paghetta di Stato scoperti a maggio. E si parla solo dell’area del Reggino. Poi ci sono le decine e decine di “furbetti”, come li definisce Di Maio ancora minimizzando, scoperte in giro per l’Italia, per un danno che anche senza Ragioneria dello Stato si può quantificare in diversi milioni.