Massimo D’Alema, il retroscena: “Ricordati che se serve, ci sono”. La mano tesa a Giuseppe Conte
Conte soffre e D’Alema s’ offre. Con l’apostrofo. «Nun te preoccupà, recordate che, se servo, io ci sono» sembra una battuta di Osho, a corredo di uno di quei meme in cui Giuseppe Conte appare disperato; e Massimo D’Alema è lì, pronto a mettergli una mano sulla spalla, zelante come un frate confessore. Eppure, Massimo D’Alema is back.
Il Conte Max è tornato e intervenendo all’evento Ri-generazione 2020 promosso da Confcommercio Giovani si lascia sfuggire: «Io credo che l’attuale governo non ha alternative». E, a parte la solita avversione per il congiuntivo, D’Alema qui disvela un nuovo approccio samaritano alla politica in emergenza Covid: «Chi come me» aggiunge «ha responsabilità pubbliche ha la responsabilità di aiutare, se richiesto di dare dei consigli». Ma poi chiosa, per ridimensionare il concetto: «Io sono felicemente uscito dalla polemica politica quotidiana, ho già dato, faccio un lavoro tranquillo e interessante».
E, in effetti D’Alema fa un lavoro tranquillo e rilassante: oltre ad essere presidente dalla ricca Fondazione Italianieuropei di cui è tuttora impossibile conoscere tutti i finanziatori, dal 2018 è professore straordinario del corso di “Storia delle relazioni internazionali” presso la Link Campus University, ateneo vicino ai 5 Stelle. E forse è uno dei motivi che ha spinto il ministro degli Esteri Di Maio e l’ex ministro D’Alema alla chiacchierata segreta – rivelata da Ilario Lombardo sulla Stampa – sui «principali temi internazionali». Resta agli atti l’auto-offerta di Baffino a Conte: un’azione quasi eroica richiesta per il bene della Nazione senza peraltro che la Nazione la richiedesse.
In realtà, l’assedio di D’Alema a Conte è lento e sinuoso. Solo pochi giorni fa, ad un premio giornalistico, Max aveva dichiarato: «Io sono un sostenitore del presidente del Consiglio attuale per una ragione che potrà sembrare banale, cioè che non ne vedo di migliori all’orizzonte. Il presidente del Consiglio è stato il frutto di una selezione casuale, però questo è stato per volontà dei cittadini italiani, non colpa sua. Io non sono favorevole al metodo di “estrarre a sorte” il capo di governo però avendo adottato questo sistema, stavolta ci ha detto bene».
Diceva questo D’Alema, di Conte. Mentre, chez il professor Guido Alpa mentore del Presidente del Consiglio, D’Alema procedeva ad un elegantissimo accerchiamento dell’avvocato in pochette. Una strategia iniziata alla festa romana di Mdp in cui si celebrava il governo giallorosso e culminata – insinua Il Giornale – in un ruolo occulto da consigliere di Conte per tutte le cose di sinistra. D’Alema, di’ qualcosa di sinistra, diceva Nanni Moretti. Ora, all’ennesimo, autogestito ritorno di D’Alema, i detrattori si sono sbizzarriti. C’è chi ha ricordato che dopo la presidenza del Copasir, per non sparire dalla scena politica Spezzaferro si era “aperto” all’Opus Dei e ai gesuiti.
C’è chi ne ha ricordato le sconfitte alle Regionali (peraltro – diamogliene atto – unico premier, nel 2000, a dimissionarsi) e in politica estera, leggi Afghanistan. C’è chi diceva «D’Alema non ne ha indovinata una da quarant’ anni, si presenta come il più esperto di tutti, in realtà le ha sempre sbagliate tutte. Non ne indovina una da quando non finì il corso di laurea alla Normale. Da lì è stato un susseguirsi di errori», e la frase non è attribuibile a Gasparri ma ad Umberto Eco. Comunque, in bocca al lupo. Non a D’Alema, a Conte…