Quei “teorici” del coronavirus che occupano i salotti tv
L’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia di Covid-19 ha messo sotto la luce dei riflettori quell’enorme categoria di esperti formata da virologi, epidemiologi, professori, medici e studiosi vari.
Per capire meglio l’andamento della curva epidemiologica, sapersi destreggiare tra i dati contenuti nei bollettini quotidianamente diffusi dal Ministero della Salute, farsi un’idea della gravità della situazione, è stato naturale posizionare al centro dell’opinione pubblica le voci di coloro che si occupano in prima persona di virus ed epidemie.
Il ruolo degli esperti
Se in un primo momento, soprattutto quando gli italiani dovevano ancora prendere familiarità con termini e concetti che sarebbero presto entrati a far parte del nuovo lessico – come “casi positivi”, “asintomatici”, “indice di contagio” -, il contributo dei virologi è apparso quanto mai utile, la situazione è andata deteriorandosi con il passare dei mesi. Più il virus si diffondeva nel Paese e più un discreto numero di esperti ha iniziato ad assumere toni apocalittici.
Sia chiaro: nessuno chiede agli esperti di raccontare una realtà che non esiste. Giusto dare consigli al mondo della politica, suggerire eventuali misure restrittive, proporre divieti e quant’altro. Molti medici e virologi dovrebbero tuttavia capire di non trovarsi all’interno dei loro laboratori. Detto altrimenti, non basta invocare rigidi lockdown per pensare di risolvere il problema Covid, ignorando la crisi economica che scaturirebbe da una decisione del genere. Anche perché il compito della politica dovrebbe essere quello di salvaguardare il Paese nella sua interezza, compreso il lato economico. Un lato, quello economico, probabilmente estraneo a molti esperti.
Teorici e pragmatici
Da questo punto di vista emerge una evidente spaccatura tra due tipologie di esperti. Da un lato troviamo i “teorici”, ovvero coloro che trascorrono più tempo a parlare di fronte alle telecamere che non a curare i pazienti sul campo. Gli esempi non mancano: da Massimo Galli a Roberto Burioni passando per Andrea Crisanti e Fabrizio Pregliasco. I consigli di questi esperti sono spesso sensati, ma calibrati più su modelli ideali da laboratorio che non su un Paese abitato da oltre 60 milioni di persone.
Dall’altro lato ci sono gli esperti “pragmatici”, che spesso appaiono in tv in camice bianco e indaffarati per le tante mansioni da svolgere nelle strutture in cui lavorano. Costoro vivono solitamente la battaglia contro il virus direttamente dalla prima linea. Ovvero: nei reparti Covid e accanto ai pazienti.
Dopo aver fatto una distinzione del genere, è interessante notare come i teorici adottino l’approccio più rigorista e apocalittico possibile. Al contrario dei pragmatici – come Matteo Bassetti, Alberto Zangrillo, Maria Rita Gismondo, Ilaria Capua, Antonella Viola, soltanto per fare qualche nome –, che sono invece soliti proporre soluzioni più coerenti con la realtà. Forse è proprio la lontananza dalla “prima linea” a contraddistinguere questi due diversi approcci alla pandemia.