“Non pubblicano studi sulla clorochina”. La guerra del farmaco anti Covid
“Purtroppo gli editori di riviste importanti sono molto riluttanti a pubblicare qualcosa di positivo sull’idrossiclorochina (chiamo questa riluttanza effetto Trump-Bolsonaro), mentre pubblicano immediatamente anche paper deboli quando non funzionano”. A parlare è Antonio Cassone, già direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss e membro dell’American Academy of Microbiology.
Un luminare le cui parole, rilasciate alcuni giorni fa a Sanitàinformazione, riaprono un dibattito che in parte si è sopito ma che ha occupato, con toni spesso da tifoserie, la scena pubblica della “prima ondata” di infezioni da Sars-Cov2.
L’ultimo studio è stato pubblicato a fine agosto dall’European Journal of Internal Medicine. Si tratta di una ricerca “retrospettiva” tutta italiana che avrebbe dovuto attirare l’attenzione dei media nostrani e che invece è passata sostanzialmente in sordina. Gli scienziati hanno analizzato 3.451 pazienti ospedalizzati in 33 ospedali del Paese tra febbraio e maggio, tutti ovviamente positivi al coronavirus. Hanno comparato i malati trattati con idrossiclorochina (con o senza altri farmaci) con quelli che non l’hanno ricevuta, scoprendo che il tasso di mortalità dei primi è più basso di quello dei secondi. Dopo complessi calcoli, gli analisti sostengono che i pazienti che ricevono l’antimalarico hanno un rischio morte inferiore del 30% a chi non lo assume. Il tutto grazie agli effetti antinfiammatori e antitrombotici del farmaco. “Ciò può giustificare il suo effetto nel ridurre il rischio di mortalità – si legge – poiché Sars-Cov-2 può indurre microtrombi polmonari e coagulopatia, che sono una possibile causa della sua gravità”.
Prima precisazione. Quello appena citato si tratta di uno studio “retrospettivo”, cioè basato sull’analisi di cartelle cliniche e persone già trattate. Ma non scelte appositamente per una ricerca come si fa nelle analisi “randomizzate”. Gli autori dello studio ci tengono a precisarlo. Il dato però è significativo, come lo è quello di altre due pubblicazioni realizzate in Belgio e Arabia saudita che sostanzialmente confermano l’analisi: con l’Hcq la mortalità cala.
Il problema dell’idrossiclorochina, un antimalarico già usato per curare diverse malattie (come il Lupus o l’artrite) e dal costo irrisorio (appena 6 euro), si chiama Donald Trump. Fu infatti il presidente Usa a suggerirlo come cura ottimale e addirittura preventiva contro il Covid, trasformandolo insieme a Bolsonaro nel farmaco dei “sovranisti”. La storia dell’Hcq, intricata e complessa, è contenuta nel “Libro nero del coronavirus” (clicca qui) che ne ripercorre – con contenuti inediti – l’evoluzione. Tra le testimonianze esclusive, anche quella di Luigi Cavanna, oncologo piacentino, fondatore del “Metodo Piacenza” decantato in tutto il mondo. Fu lui tra i primi a somministrare l’antimalarico ai pazienti che andava a visitare a casa, combattendo sul nascere l’infezione. “L’Hcq contro il Covid ha dimostrato di funzionare – rivela – Anche tanti medici l’hanno assunta. Non farà testo, ma vuol dire che ci credevano. E poi ci sono centinaia se non migliaia di pazienti che l’hanno presa e sono guariti”.Luigi Cavanna, primario di oncologia a Piacenza
Oggi l’uso della clorochina è fortemente osteggiato. Dopo uno studio pubblicato su Lancet sui rischi cardiaci e l’aumento di mortalità (poi rivelatosi fasullo e ritirato con non poco imbarazzo), lo scorso maggio prima l’Oms e poi le agenzie del farmaco di mezzo mondo ne hanno sospeso l’utilizzo. Molti scienziati hanno denunciato “l’assenza di un ampio, sereno ed equilibrato confronto a livello internazionale”. Ma l’Aifa ancora adesso ne impedisce la somministrazione fuori dai trial clinici. “L’auspicio è che il farmaco venga riabilitato perché utilizzato per pochi giorni si è rivelato efficace”, dice oggi Cavanna. E forse i nuovi studi potrebbero smuovere le acque. Nelle ultime settimane, infatti, tre Stati Usa (Minnesota, Nevada e Ohio) hanno ritirato il divieto e su oltre 100 studi realizzati sul farmaco, il 75% ha dato esiti positivi e solo il 25% negativo. I suoi sostenitori sperano: la seconda ondata necessita di tutte le cure possibili per evitare di ritrovarsi nel disastro di marzo. Tuttavia altri esperti suggeriscono prudenza.
Uno dei pochi studi randomizzati realizzati, infatti, non solo non ha trovato effetti benefici del farmaco contro il Covid, ma ha pure sottolineato – insieme ad altre pubblicazioni – il rischio di effetti collaterali cardiologici. Tra questi, c’è anche la ricerca dell’Oms “Solidarity”, il più grande studio randomizzato mai realizzato, da cui l’Hcq è stata estromessa. Da qui l’avversione, per dire, del noto Roberto Burioni. Perché allora alcuni sono convinti della bontà di questa cura? Il problema, spiega Cassone, è che “questi trial hanno usato dosi alte di Hcq nell’idea che queste dosi fossero quelle giuste per una diretta attività antivirale”. Puntando sulla capacità anti-infiammatoria, invece, se ne può usare una dose decisamente inferiore, che non sembra provocare effetti collaterali. Lo dicono i ricercatori dello studio sul European Journal of Internal Medicine, secondo cui “una mortalità ridotta è stata osservata anche da altri studi osservazionali che utilizzavano dosi basse o intermedie di Hcq”. E poi, dice Cavanna, “si può essere prudenti ed ecumenici quanto si vuole, ma l’idrossiclorochina è in commercio da tante decadi. Possibile che solo adesso scopriamo la sua pericolosità? Se dà problemi cardiaci, li dà tanto nella persona col Covid che in quelle col lupus o l’artrite reumatoide”. Che invece possono continuare a utilizzare il farmaco.
Servirebbe insomma un grande studio “randomizzato” che utilizzi dosi moderate di Hcq, così da risolvere una volta per tutte il dilemma e così da poter dire ai medici se possono o no contare sull’aiuto del farmaco. “I dati – diceva Cassone – nel complesso indicano che soggetti non in stadi avanzati della malattia, con meno morbidità e più giovani sono quelli che meglio possono beneficiare di Hcq, ed è interessante che questi sono adesso i soggetti dominanti della seconda ondata epidemica in Europa”.
Intanto la Cina ha inserito nelle linee guida anti Covid la clorochina. In Germania, secondo Der Spiegel, i medici la prescrivono in massa. E anche The Lancet, la rivista che di fatto aveva “bocciato” la cura, a fine settembre ha dato spazio ad un altro studio retrospettivo di grande interesse. Gli scienziati, pur smentendo la capacità profilattica del farmaco, affermano che “la mortalità complessiva” emersa dall’analisi è “inferiore nei pazienti che ricevono Hcq rispetto a quelli che non la assumono”.
Magari un giorno la capacità curativa del farmaco verrà smentita. Ma certo affrontare il tema col pregiudizio anti “sovranisti” non ha certo aiutato la ricerca. Senza contare, come ipotizza nel Libro nero lo stesso Cavanna, che dietro si muovono anche interessi economici. “In un sistema in cui tutto è basato sul costo – dice – magari si spinge su farmaci che hanno un prezzo diverso…”. Non di solo 6 euro, come l’idrossiclorochina.
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