Perché la successione ad Angela Merkel può cambiare l’Europa
Alle elezioni tedesche dell’autunno 2021 manca circa un anno, ma nella politica tedesca sono già iniziate le grandi manovre per posizionarsi al meglio in vista di un voto che aprirà una nuova fase per il Paese: quella del consolidamento di strategie politiche di lungo periodo iniziate dopo l’avvio del quarto governo Merkel nel 2017 e accelerate dalla pandemia di Covid-19. Dal consolidamento di una posizione geo-economica centrale in Europa alla definizione di nuove strategie sulla politica industriale, le infrastrutture, il digitale portata avanti in asse con la Francia, passando per i nuovi assetti europei post-pandemici e lo sviluppo del Recovery Fund i primi tre anni di un quadriennio che si pensava dovesse accompagnare la Cancelliera sul viale del tramonto politico si sono rivelati densi di sviluppi.
Messa in difficoltà su dossier come l’immigrazione, impossibilitata a sbloccare uno status quo economico segnato da disuguaglianze crescenti e considerata in appannamento, negli ultimi tempi con la pandemia la Merkel ha ripreso il centro della scena. E assieme a lei la sua formazione cristiano-sociale, la Cdu, che assieme al partito-fratello bavarese, la Csu, si può a ben diritto fregiare di aver guidato dalla cabina di regia una risposta ordinata e efficace al Covid-19 e aver dimostrato la sua indispensabilità per la politica tedesca. La Cdu ha rintuzzato le due scalate ostili più minacciose, quella dei nazional-liberisti di Afd a destra e quella dei Verdi al centro, e con circa il 35% dei consensi è data in testa ad ogni sondaggio. Per capire il futuro della politica tedesca andrà dunque studiata l’evoluzione della linea di successione ad Angela Merkel.
Il congresso primaverile della Cdu-Csu sarà dunque cruciale per capire che leader prenderà le redini del partito e, in prospettiva, del Paese. Dunque per comprendere su che rotte sarà destinata l’Europa sulla scia del Paese-guida. Che con la mediazione europea nella risposta alla pandemia si è scoperto imprescindibile punto di riferimento per la Francia, junior partner dell’asse Parigi-Berlino, per i falchi del rigore, per il blocco mediterraneo. I pezzi da novanta dell’Unione si sono già messi in moto per raccogliere il timone della Cancelliera, e l’esito delle primarie condizionerà la futura coalizione di governo, dato che è impensabile che un’alleanza in grado di unire Verdi, socialdemocratici e sinistra della Linke possa avere la maggioranza o escludere una Cdu ritornata oltre un terzo dei consensi. Da monitorare sono dunque: la scelta dei potenziali partner di coalizione, il rapporto con le forze alla destra dell’Unione, le alleanze in campo europeo. Ogni candidato propone soluzioni strategiche divergenti.
Il governatore che guarda ai Verdi è in pole
In rampa di lancio appare in queste settimane Armin Laschet, presidente della Renania Settentrionale-Vestfalia, 59enne. Laschet è reduce da un tour internazionale che lo ha portato anche a Roma, ove ha incontrato Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e, soprattutto, Papa Francesco. In vista di presidente del Land, Laschet ha voluto accreditarsi come l’uomo della potenziale continuità con l’era Merkel, caratterizzata da un equilibrio politico dinamico e da un vero e proprio compromesso permanente nell’azione di governo.
Governare il Nordrhein-Westfalen è, in un certo senso, paragonabile a essere un capo di governo nazionale: con quasi 18 milioni di abitanti e circa 550 miliardi di euro di Pil all’anno la regione di Bonn, Colonia, Dortmund, Duisburg, Dusserdolf e Leverkusen è un vero e proprio “Stato nello Stato”.
Laschet ha fortemente criticato lo scivolone della Cdu in Turingia, che ha portato a una brevissima convergenza con Afd a febbraio sull’elezione del presidente del Land, e ha in testa un progetto ben preciso: sfidare sul terreno della risposta alla crisi ambientale e della transizione i Verdi, secondo partito nei sondaggi, sostituendoli alla Spd come partner nella coalizione di governo. I Verdi, forti del vento lungo dell’ambientalismo e del tracollo socialdemocratico, sono ora i rappresentanti più forti del campo di centro-sinistra liberale. Cooptarli a responsabilità di governo significherebbe, per la Cdu, accontentarne molte istanze ma anche depotenziarne la carica contestataria inusuale per una forza pienamente di sistema, europeista e liberale. In grado di dare al governo quell’azione propulsiva che la confusa sinistra Spd non riesce più a garantire.
Gli avversari di Laschet nella Cdu
Laschet può contare sul sostegno dichiarato di un pezzo da novanta dell’esecutivo, il ministro della Salute Jens Spahn, mentre nel governo Merkel la sua visione è condivsa da un altro contendente alla leadership, l’ex ministro dell’Ambiente Norbert Röttgen, presidente della commissione Affari esteri del Bundestag. Recentemente, come riportato da Handelsblatt, Rottgen ha definito i Verdi il “nuovo concorrente” al centro per la Cdu e ha invitato i cristiano-democratici a prendere di petto la questione ambientale. Da lui interpretata anche in chiave dei legami internazionali del Paese, dato che laddove Laschet non ha chiuso al completamento del gasdotto Nord Stream 2 negoziato con la Russia Rottgen, invece, ha puntato forte sul rilancio della linea atlantista ed ostile a Mosca. Su Rottgen pesa il fatto di aver concorso senza successo alla presidenza del Land ove Laschet oggigiorno governa nel 2012, quando raccolse solo il 26% dei suffragi contro il 39% della governatrice uscente della Spd, Hannelore Kraft.
Ha annunciato la sua discesa in campo anche una vecchia conoscenza del mondo popolare tedesco, lo storico rivale della Merkel Friedrich Merz, che dopo aver lasciato la politica dal 2002 al 2018 per perseguire una brillante carriera da dirigente d’azienda in aziende come Bosch, BlackRock e la società calcistica del Borussia Dortmund, nel 2018 ha tentato senza successo di insidiare la corsa verso la leadership della meteora Annegret Kramp-Karrenbauer. Dopo la rapida caduta del “delfino” designato della Merkel, Merz è tornato in corsa: liberista, atlantista di ferro, anti-russo e deciso a sfidare sul suo terreno Afd sulle quesitoni identitarie per sottrargli consensi a destra, il 65enne Merz punta a scommettere sul fatto che la Cdu possa essere in grado di governare da sola o al massimo con i liberali di Fdp. Sarebbe infatti molto difficile, con lui al timone, pensare un’altra Grande Coalizione con i Verdi o i Socialisti.
I tre candidati sono legati dal comune gravitare attorno alla Renania Settentrionale-Vestfalia e da insoliti destini incrociati: Laschet governa laddove Rottgen è stato candidato, e Merz ha avuto modo in passato di collaborare sia col primo (nel novembre 2017, Merz è stato nominato da Laschet commissario per la Brexit e le relazioni transatlantiche del Land, occupando una posizione consultiva non retribuita) che col secondo (di cui è stato consigliere economico nella campagna elettorale del 2012).
Le ambizioni di Soder
A questa rosa va aggiunto, inevitabilmente, un quarto nome, quello di Markus Soder, governatore della Baviera. Cattolico conservatore, meno “aperturista” su tema come i diritti civili e l’immigrazione rispetto alla Merkel, come da tradizione bavarese, Soder punta a fare il grande salto dopo il successo nel contrasto alla pandemia. Negli anni, nota Linkiesta, “Söder ha caratterizzato la sua figura come quella di un leader pragmatico e fortemente radicato nel territorio da cui proviene. Mentre si concentrava sul livello locale, è riuscito a farsi apprezzare anche nel Paese, accreditandosi come leader credibile in ottica nazionale. Durante la fase più drammatica della pandemia, i successi nella gestione dell’emergenza lo hanno fatto diventare enormemente popolare nei sondaggi di gradimento, al punto da superare Angela Merkel diverse volte“. Sua opinione è che “solo chi sa gestire la crisi può diventare Cancelliere”. Nel voto del 2018, dopo il passaggio del predecessore Horst Seehofer al ministero dell’Interno a Berlino, Soder è riuscito a preservare alla Csu, in asse con i civici Elettori Liberi, il governo di Monaco. Ora punta Berlino con una posizione a metà tra la linea Merz e quella Laschet: enfasi sulle riforme economiche ma anche molto pragmatismo laddove si parla di una possibile coalizione nazionale con i Verdi che chiuda le porte alla sinistra.
Come cambierà l’Europa?
Dunque, l’elezione del successore di Angela Merkel e Cancelliere in pectore, al termine di una successione destinata ad essere la prima dopo sedici anni incontrastati di governi dell’attuale leader della Grande Coalizione, avrà forti ripercussioni sia per la posizione della Germania in Europa che per gli equilibri interni all’Unione.
Con Laschet e, in una certa misura, Rottgen è lecito pensare che la Cdu, in caso di alleanza coi Verdi, possa cercare di estendere questo asse anche a livello comunitario, dunque provando a cercare convergenze escludendo dal Partito popolare europeo quelle forze che agli ecologisti possono sembrare “impresentabili”, come Fidesz, partito di Viktor Orban. Secondo il politologo Sergio Fabbrini, docente alla Luiss Guido Carli, in Italia questo potrebbe aprire spazi al Movimento Cinque Stelle per avvicinarsi al gruppo Verde e alle posizioni di maggior influenza in Europa. L’interlocuzione tra il duo Conte-Di Maio e Laschet, secondo quanto dichiarato da Fabbrini a Formiche, non potrebbero nemmeno escludere un’ipotesi clamorosa: per la Cdu “potrebbe far gola portare dentro al Ppe un raggruppamento come i Cinque Stelle”. Sul piano strategico, le politiche di alleanza a tutto campo con la Francia conoscerebbero senz’altro ulteriori accelerazioni.
Merz, invece, applicherebbe una linea sicuramente più filo-statunitense e attenta ai desideri delle autorità della Nato e di Washington, aumentando il livello del contrasto a Russia e Cina. Al contempo, un governo Merz, nel caso riprendesse con forza a battere la strada del rigore, potrebbe finire per ridurre il potere negoziale tedesco in Europa appiattendo Berlino sui falchi del rigore da cui la Merkel ha voluto ultimamente smarcarsi. Inoltre, la candidatura di Merz alla guida del governo si alienerebbe molte possibili strade di alleanza e rischierebbe di creare nei Verdi un contendente temibile negli anni a venire.
Da valutare invece Soder, che con la sua Csu ha più volte mostrato apertura e comprensione per le posizioni delle formazioni conservatrici e sovraniste in Europa, ma predica da tempo pragmatismo. Logico pensare che con una sua ascesa alla Cancelleria sarebbero difficili svolte radicali, ma sicuramente a livello europeo aumenterebbero le pressioni per ridurre il confinamento imposto a Fidesz nel Ppe e si aprirebbe una strada, già indicata da esponenti politici come Giancarlo Giorgetti, per dialogare con partiti come la Lega o i polacchi di Diritto e Giustizia. Non a caso, la personalità politica e l’identità di Soder ricordano, in un certo verso, quello del leghista presidente della Regione veneto Luca Zaia: un leader locale capace di essere sia “governatore” che “borgomastro”, ovvero attento alle istanze di singole comunità e collettività, in nome di una cultura politica basata su fatti e azioni concrete.
La partita tedesca va dunque valutata nel suo insieme e con approfondita attenzione: la gara per la successione alla Cdu sarà il primo tempo di un’elezione politica potenzialmente in grado di cambiare nel profondo gli equilibri politici europei.
il giornale.it