Cathy La Torre: “Si a cambio di sesso per minorenni: a 13 anni sai già chi sei”
Vanity Fair ultimamente ci regala solo gioie, non da ultimo la pregiata intervista all’avvocata contro le discriminazioni nonché ordinatrice compulsiva di pizze, Cathy La Torre. La rivista ne fa un ritratto agiografico: “È una donna, che veste come un uomo al quale piacciono le donne”. Cioé, si veste mascolina perché è lesbica, tipo Ellen Degeneres. Niente di nuovo sotto il sole. Le cose innovative che rappresenta l’Avvocathy sono ben altre.
La Torre: “Se non sei riconosciuto come non binario non esisti”
Per Vanity Fair, la La Torre “è il riferimento per chi subisce ingiustizie legate alla propria identità di genere”. Avvocathy ci spiega per bene la differenza tra identità e orientamento di genere, ci dice che le parole sono importanti, e si impergola in tutta una discussione su quale lettera dell’alfabeto o simbolo usare per le varie identità contenute nella sigla Lgbt +. C’è anche la “p” di poligamo, pensate. “Se le persone rimangono in un limbo, senza diritti e riconoscimento da parte dello Stato, rischiano di non esistere” (perché ovviamente in Italia se non vengono delineate per filo e per segno le tue preferenze sessuali sei addirittura privo di diritti, ovvio). “Pensiamo per esempio alle persone non-binary, come io stessa mi definisco (…) In questi casi la legge non dà alcuna risposta. In Italia esiste un solo riconoscimento legale di persona non-binary e l’ho seguito io: il mio assistitu – si usa la U per non usare né la O del maschile né la A del femminile – è riuscitu a cambiare nome e adesso ha un nome neutro. Si può scegliere fra tanti: penso a Jean, Elia, Andrea, Ethan”. In pratica se sei non binary il mondo si deve rivolgere a te come il Compare Zappitto di Martufello. Che conquista, signori.
Per Avvocathy in Italia ci vuole troppo a cambiare sesso
E a proposito di generi o di riassegnamento dei tali, la La Torre lamenta che per accedere a determinati trattamenti “in Italia bisogna andare in un tribunale, fare una causa in cui la controparte è lo Stato, e affidarsi a quello che deciderà il giudice, che dovrà essere convinto attraverso comprovati percorsi psicoterapeutici, testimonianze concrete di assunzioni ormonali per un tempo sufficiente tale da indicare una volontà definitiva, con la garanzia che non si cambi poi idea“. Vi suona logico come iter nell’ottica della tutela del benessere psicologico – ad esempio di un minorenne – di fronte ad un percorso così difficile? Dovrebbe esserlo, e in effetti è “l’obiezione” che le pone anche la giornalista.
“Già a 5 anni ci si può sentire di genere diverso”
“Non è rischioso che i minorenni possano intraprendere un percorso di cambio di genere?” domanda Valeria Vantaggi. Alché la La Torre, sulla scorta della sua laurea in giurisprudenza e del suo grande engangement social, replica: “In realtà se sull’orientamento può essere normale una certa fluidità in età adolescenziale, l’identità di genere è primaria, la si può vedere da un’età precocissima: già da piccolissimi, dai 4/5/6 anni, si può percepire un’identità di genere opposta al sesso biologico e a 13 si sa bene chi si è. Riuscire a intervenire presto permette di sottoporsi a molti meno interventi chirurgici: finché si è giovani si può incidere sul corpo solo con gli ormoni, senza sottoporsi a quell’incredibile quantità di operazioni a cui si è invece costretti in un’età più avanzata”. Quindi per l’Avvocathy è più che normale somministrare testosterone a una ragazza adolescente, perché addirittura già a 5 anni un bambino è in grado di dirci o rappresentarsi di un certo genere, e financo a 13 anni “si sa bene chi è”. Vale anche magari per le vittime di abusi, di famiglie violente, o che magari soffrono di altre patologie relative alla dissociazione del sé? Voi a 13 anni sapevate già bene chi eravate o avete imparato a capirlo osservando voi stessi e il mondo che vi circondava?
Il “peso delle parole”; sì, ma delle sue
Il titolo dell’intervista elegiaca dedicata alla La Torre è “il peso delle parole” – d’altronde lei è l’alfiera dell’”odiare ti costa”. Vedremo quanto peseranno tra dieci anni o meno, davanti ai risultati di queste transizioni chimiche su menti e corpi ancora acerbi. Già oggi abbiamo esempi come quelli di Keira Bell, che aveva ingenuamente identificato il proprio disagio interiore con il bisogno di cambiare sesso a 16 anni: oggi se ne pente e non può tornare indietro. Keira vive in uno di quei Paesi che la La Torre ci propone come “civili”, dove tali procedure sono già sdoganate per i minorenni. Gli stessi paladini dei diritti arcobaleno non hanno la maturità di distaccarsi emotivamente dai singoli casi e di non ragionare in termini lobbistici ma pontificano sullo sviluppo delle menti altrui. In Italia a 13 anni o a 16 a stento si può guidare, non si può bere e non si può fumare o votare, ma in virtù del proprio “benessere”, secondo menti illuminate come quelle della La Torre, si dovrebbe già assumere farmaci che bloccano lo sviluppo. Le parole hanno un peso e infatti queste sono gravi. E tanto perché “odiare ti costa”, noi abbiamo riportato una sua intervista, avvocata: se qualcuno si sente in diritto di criticarla o di odiarla, le parole che hanno pesato saranno le sue, non le nostre.
Ilaria Paoletti