Nagorno Karabakh, bombardato il simbolo della cristianità armena
L’8 ottobre, verso ora di pranzo, le forze armate azere hanno condotto un bombardamento sui generis, ossia hanno colpito un sito non militare privo di valenza strategica ai fini del controllo territoriale. L’obiettivo in questione è la cattedrale di Cristo san Salvatore di Ghazanchetsots, un luogo-simbolo per la cristianità armena sin dal 19esimo secolo, che è stata seriamente danneggiata.
Il bombardamento
La notizia del bombardamento ha iniziato a circolare nel primo pomeriggio su Twitter, dove è stata pubblicata dal profilo ufficiale della repubblica non riconosciuta dell’Artsakh. Il post di denuncia è stato corredato da numerose prove fotografiche che documentano i danni gravi subiti dall’edificio, i cui interni sono andati distrutti insieme ad una parte del tetto.
L’evento, che è già grave di per sé, assume un’ulteriore rilevanza alla luce di due fatti: gli attacchi contro il patrimonio culturale e religiosi rientrano nella categoria dei crimini di guerra, il bombardamento della storica cattedrale avviene sullo sfondo dell’intromissione nel conflitto in corso di elementi religiosi a supporto di ogni belligerante.
La cattedrale
Costruita tra il 1868 e il 1887 grazie alle donazioni dei fedeli del Nagorno Karabakh, la cattedrale di Cristo san Salvatore è uno dei luoghi più importanti e sacri della cristianità armena e, per le sue dimensioni, è una delle cattedrali armene più grandi del mondo.
Alla luce dell’importanza rivestita per i cristiani d’Armenia, la cattedrale è stata periodicamente vittima di attacchi sacrileghi da parte delle forze armate azere. Il primo grave danneggiamento avvenne durante il massacro di Shusha, la città sulla cui sommità si trova la cattedrale, termine con il quale si fa riferimento ad un pogrom anti-armeno avvenuto nel marzo 1920 e che causò la morte di almeno 20mila persone.
Nel 1988, allo scoppio della guerra nel Nagorno Karabakh, la cattedrale fu uno dei primi obiettivi a cadere sotto il controllo delle forze armate azere. I separatisti dell’Artsakh riuscirono a recuperare la sovranità su Shusha soltanto quattro anni dopo, nel maggio 1992, trovando la cattedrale in condizioni disastrose: statue degli angeli rimosse e/o distrutte, pitture vandalizzate, e arredi scomparsi insieme all’oggettistica sacra in oro e altri metalli preziosi.
A pochi mesi di distanza dalla riconquista, il 23 agosto, l’aviazione azera lanciò un attacco improvviso contro la cattedrale, riuscendo nel tentativo di causare una serie di danneggiamenti, anche se non gravi.
Il significato
La Turchia, in conformità al paragrafo panturco dell’agenda estera di Recep Tayyip Erdogan, sta approfittando delle rinnovate ostilità azero-armene per estendere la propria influenza nel Caucaso meridionale. Il supporto fornito a Baku è stato multidimensionale, ossia non si è esaurito nell’invio di consiglieri militari e nell’aiuto a massimizzare le prestazioni dei droni di fabbricazione turca, perché Ankara sta venendo accusata di aver trasferito nel campo di battaglia un esercito irregolare che potrebbe essere composto dai mille ai 5mila combattenti, provenienti da Lupi Grigi, Sadat, Esercito Siriano Libero e Fronte Al-Nusra.
La decisione di Ankara di fare ricorso a combattenti provenienti dal, e/o comunque vicini al, mondo del terrorismo islamista ha svolto un ruolo determinante nel complicare il processo di pacificazione, comportando un aggravamento dell’escalation per via della graduale trasformazione dei moventi della guerra: da disputa territoriale a scontro religioso.
Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan aveva lanciato un allarme in tal senso all’indomani della diffusione delle prime indiscrezioni inerenti l’arrivo di jihadisti e islamisti sul libropaga turco nel Nagorno Karabakh, auspicando una mobilitazione da parte della Russia, della Francia e degli Stati Uniti alla luce del rischio di assistere allo scoppio di una guerra di civiltà. Il messaggio di Pashinyan era stato raccolto dalla diaspora armena stanziata in Russia e in Europa e da simpatizzanti di fede ortodossa, dando il via all’arrivo sul teatro di battaglia di centinaia di combattenti volontari provenienti da Mosca, Parigi, Atene e altri Paesi.
Il bombardamento della cattedrale di Cristo Salvatore si inquadra in questo contesto di aggravamento delle ostilità per via del fattore religioso e, alla luce dell’effettiva inutilità strategica del luogo di culto ai fini della riconquista dei territori occupati dai separatisti, l’atto si presta ad una sola interpretazione: non è più una disputa territoriale, è (anche) uno scontro tra fedi e civiltà.
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