Lepanto, quando i cristiani si unirono per sconfiggere la flotta turca
Lepanto, alba del 7 ottobre del 1571, ingresso del Golfo di Patrasso. 208 galere, sei galeazze e 30 legni ausiliari della Lega Santa si trovano di fronte alle 280 navi della flotta ottomana alla fondo davanti Patrasso. 84mila cristiani (con i loro 1815 cannoni) e 88mila uomini dell’esercito ottomano si sfidano per quella che sta per diventare la più famosa battaglia tra le forze turche e quelle dell’Europa.
Il vento soffia alle spalle della flotta ottomana che inizia il suo rumore di morte. I musulmani guidati da Alì Pascià iniziano a suonare tamburi e flauti, provocando un caos assordante. La flotta cristiana, guidata da Don Giovanni d’Austria, attende in silenzio disposta sulla linea di fronte con le navi distante meno di 150 metri l’una dall’altra.
La flotta della Lega Santa forma quasi una croce: al centro il comandante con la nave ammiraglia, la Real. Al suo fianco la nave del veneziano Sebastiano Venier. Poi le ammiraglie dei vari comandanti degli Stati europei richiamati dal Papa a fermare le scorrerie turche. Marcantonio Colonna guida la flotta pontificia, Ettore Spinola sulla nave ammiraglia di Genova, Provana di Leynì alla testa della flotta dei Savoia. Poi un altro gruppo di navi guidato dal genovese Gian Andrea Doria composto dai volontari di tutta Europa. La flotta turca si dispone a mezzaluna, a simboleggiare lo scontro con la cristianità europea. Al centro Ali Pascià con la sua “Sultana” sui cui svetta il vessillo enorme con inciso in caratteri d’oro il nome di Allah per 28.900 volte. Alla sua sinistra, 65 galere guidate da un rinnegato cristiano, Ulugh Alì, passato alla storia come “Occhiali”. A destra le 53 galere di Maometto Scirocco.
La battaglia inizia con una prima mossa fatta da Giovanni d’Austria. Il comandante della Lega Santa invia verso i turchi sei galeazze veneziane. Le navi mandate in avanscoperta sono impossibili da abbordare ma riescono nell’intento di provocare Alì Pascià, che scaglia tutta la sua flotta contro quella della Lega Santa. Appena i legni ottomani arrivano a distanza del tiro dei cannoni cristiani, la flotta guidata da Giovanni d’Austria riceve un ordine: ammainare tutte le bandiere. Le navi ora sono tutte uguali, senza differenza di origine. Dalla Real si alza solo il grande stendardo con il Crocifisso offerto da Pio V. Le altre navi issano le croci mentre i cappellani a bordo delle navi confessano gli uomini pronti a una battaglia all’ultimo sangue con i nemici turchi.
Dopo la trappola ordita da don Giovanni, parte la manovra di Doria. Una mossa che molti ritengono ancora frutto di un paura, per altri invece simbolo di genio militare. L’ammiraglio genovese si allarga come per far finita di defilarsi dal luogo dello scontro. Il comandante ottomano lancia un colpo di cannone, ma gli risponde don Giovanni d’Austria. Lo spagnolo ingaggia così lo scontro con il suo omologo turco mentre Uluc Alì, il rinnegato, si dirige verso Doria che ha aperto un varco tra il centro della flotta cristiana e il suo corno destro. Dall’altra parte dello schieramento, Mehmet Shoraq prova a spezzare la flotta cristiana incuneandosi tra la costa greca e le navi di Antonio Barbarigo. Il veneziano risponde con una contromanovra da manuale che gli costa la vita, ma che riesce a distruggere l’intera flotta di Scirocco che viene poi catturato. Alcuni narrano che saranno i rematori cristiani a ribellarsi contro i loro aguzzini turchi per poi regalare la vittoria ai veneziani.
L’ala destra degli ottomani cede di fronte all’avanzata di Barbarigo. A sinistra Occhiali avanza verso le galere dell’Ordine di Malta mentre al centro infuria la battaglia tra l’ammiraglia di Pascià e quella di don Giovanni che si speronano in una conflitto leggendario. Tutte le navi che circondano i due comandanti si scagliano per difendere o la Real o la Sultana. I giannizzeri provano ad abbordare l’ammiraglia spagnola ma senza riuscirci. Venier e Colonna sono alle prese con altre galere turche ma lasciano lo scontro per andare a soccorrere don Giovanni d’Austria protetto ora solo dalla riserva guidata dal Marchese di Santa Cruz. Nel frattempo la nave di Ali Pascià viene presa d’assalto e infine abbordata. Sono due galee toscane a riuscire nell’agguato contro l’ammiraglio turco, la Capitana e la Grifona. Gli uomini avvistano il corpo dell’ammiraglio turco e espongono la sua testa sull’albero maestro della Real. Alle quattro del pomeriggio, gli ottomani nelle acque di Lepanto alzano gli occhi e vedono il loro comandante decapitato. E il terrore di finire come lui ha la meglio sul coraggio. Il blocco centrale della flotta ottomana è spezzato. Senza più Alì e senza Shoraq, resta Uluch Alì, che sceglie di ripiegare con le navi superstiti per evitare la fine totale dell’intera squadra navale turca a Lepanto.
Cosa ha significato Lepanto per la marina
La battaglia di Lepanto ha avuto un significato enorme per la storia dell’Europa e del mondo intero. Da un punto di vista tecnico, la vittoria della flotta cristiana sancisce l’ultima grande battaglia dal profilo ancora medioevale, combattute con le navi spinte dai rematori. Da quel momento furono preferite navi tondeggianti a propulsione velica. I cannoni, determinanti a Lepanto, divennero la componente essenziale delle navi da battaglie, tanto da cambiare anche la stessa ingegneria navale. I marinai, che fino a quel momento erano liberi salariati, debitori, prigionieri e schiavi condannati a vogare per il resto della loro vita, divennero esperti sia nell’uso delle armi da fuoco sia nelle manovre, dei veri e propri professionisti del settore.
Come è cambiata la Storia
Le conseguenze politiche, almeno nel breve termine, non furono comprese. La vittoria di Lepanto avrebbe potuto portare frutti ben maggiori alla Lega Santa, visto che i turchi non erano in grado di difendere Cipro se solo le potenze cristiane avessero voluto colpire il già ferito sultano. Ma come spesso accaduto nella storia dell’Europa, a prevalere furono le invidie e le ostilità in seno alle potenze. La Lega Santa non ebbe più la forza né la spinta propulsiva per sconfiggere gli ottomani né aveva più quel furore che portò alla vittoria di Lepanto, e l’alleanza si sciolse. I turchi siglarono pochi anni dopo una pace con i veneziani che permise la riconquista di Tunisi e di imporre la presenza turca nei Balcani e un secolo dopo Creta cadde definitivamente sotto Costantinopoli.
La vittoria di Lepanto, insomma, fu un momento epocale per l’Europa non tanto dal punto di vista strategico, quanto per ciò che rappresentò negli anni a venire. L’espansione turca non si arrestò del tutto ma subì un primo grande colpo. Per la prima volta dopo secoli le potenze cristiane conobbero un’alleanza in grado di difendere tutto il continente da un nemico comune. E nell’immagiunario colletivo la battaglia davanti alle coste greche rimase per sempre il simbolo del sollievo contro la minaccia del terrore.
Si narra che il Papa, saputo della vittoria, si sciolse in lacrime di gioia. Altri ancora dicono che il pontefice ebbe una visione proprio a mezzogiorno del 7 ottobre dicendo di far suonare le campane delle chiese di Roma. In tutte le capitali europee si intonarono canti e preghiere. Gli eroi veneziani divennero simboli della grande potenza navale della Serenissima. E gli italiani, per la prima volta, videro una parvenza di unità sul campo di battaglia. Lo stendardo issato sulla Real venne poi portato a Gaeta da Marcantonio Colonna per sciogliere definitivamente il voto con cui volle ottenere la protezione dell’impresa.
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