L’addio del vescovo non allineato. Un regalo del Vaticano alla Cina
È la prova vivente del grande baratto, o meglio, della svendita dei prelati più fedeli. Una svendita che il Vaticano si prepara a sottoscrivere rinnovando per altri due anni l’accordo sulla nomina dei vescovi stretto con Pechino.
Lui è monsignor Vincenzo Guo Xijin. Per la gran parte degli oltre 70mila battezzati della diocesi di Mindong, nella Cina sud orientale, era il solo degno erede di James Xie Shiguang, il vescovo «clandestino» passato a miglior vita nel 2005 senza esser mai sceso a patti con le autorità comuniste cinesi.
Approfittando della sua scomparsa, l’Associazione Patriottica Cattolica – ovvero il surrogato di Chiesa Cattolica considerata un’appendice del partito comunista – aveva tentato d’imporre il fidato Monsignor Zhan Silu. Non era stata una grande mossa. I fedeli della regione gli avevano subito voltato le spalle criticando – come riferisce l’agenzia dei missionari cattolici Asia News – la sua smodata ambizione e la sua palese sottomissione alle direttive di Pechino. Accuse che in breve gli erano costate anche un decreto di scomunica proveniente dalla Santa Sede. Ancor prima della scomunica il vuoto lasciato da monsignor James era stato riempito da monsignor Vincenzo che in breve s’era guadagnato il titolo di nuovo pastore «clandestino». A ribaltare le carte in tavola era arrivata, nel settembre 2018, la firma dell’intesa provvisoria tra Cina e Vaticano per la nomina dei vescovi. In seguito a quelle intese la diocesi di Mindong si era trasformata in una sorta di zona pilota per la verifica pratica degli accordi. Così – mentre Monsignor Vincenzo veniva retrocesso a vescovo ausiliario – il Papa toglieva la scomunica a monsignor Zhan Silu e lo promuoveva a pastore ufficiale della comunità. Per due anni Monsignor Vincenzo ha masticato amaro sperando che l’evidente iniquità della decisione venisse cancellata assieme al resto degli accordi. Ma quando ha capito che nulla sarebbe cambiato e la Santa Sede sarebbe andata avanti per la sua strada ha deciso di lasciar perdere. E così domenica, al termine della messa, ha annunciato ai fedeli le proprie dimissioni con un discorso che sotto i toni – apparentemente umili e sottomessi – cela l’indignazione per l’ingiustizia subita e la rabbia per la sottomissione del Vaticano a Pechino. «Sono incompetente…non ho nessun talento…non sono al passo con l’epoca…non voglio essere ostacolo per il progresso», così monsignor Vincenzo Guo Xijin ha spiegato la decisione di dimettersi da tutte le cariche per dedicarsi a una vita di sola preghiera.
Ma l’addio di quel vescovo onesto e rispettato suona ora come un atto d’accusa a un Vaticano pronto a sacrificare non solo lui, ma gran parte di quella Chiesa «sotterranea» che dall’avvento del Comunismo a oggi ha subito violenze, vessazioni e prevaricazioni, ma ha garantito la sopravvivenza di una fede svincolata dagli ordini e dalle direttive del Partito comunista. Una fede condannata a scomparire assieme ai suoi pastori.
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