Ecco come Malta chiude i porti e respinge tutti i clandestini in Italia (il campo “profughi” d’Europa)
Che il fenomeno migratorio in questo 2020 abbia assunto una portata dai tratti preoccupanti a causa degli imponenti numeri è un dato di fatto. Dall’inizio del nuovo anno ad oggi in Italia sono arrivati più di 23mila migranti e il dato è ancora destinato a crescere in maniera vertiginosa. Ma se la nazione italiana con il governo giallorosso alla guida ha “sposato” la politica dell’accoglienza, appare ancora poco chiara la strategia del governo maltese. Perché proprio Malta? Perché si tratta della nazione che, assieme a quella italiana, si trova spesso coinvolta a gestire il fenomeno degli arrivi di migranti che seguono la rotta del Mediterraneo i quali, più delle volte, finiscono poi per approdare in Italia.
L’attività di “interdizione” esercitata da Malta
Ci sono diversi fatti di cronaca in cui si parla di barconi e barchini diretti verso Malta e poi, all’improvviso il cambio di rotta verso l’Italia. Perché accade questo? La risposta è semplice, il governo maltese ha intrapreso la via dell’attività di interdizione. In sostanza, la Guardia Costiera maltese nel momento in cui ravvisa la presenza delle imbarcazioni con a bordo i migranti, si mobilita immediatamente per raggiungerle e persuaderle per l’appunto per un cambiamento di rotta: o per tornare indietro o per raggiungere l’Italia. Ovviamente indietro non torna nessuno e l’alternativa è quella di raggiungere le coste italiane. Una strategia spiegata su La Verità dall’ex capo di Stato Maggiore del Comando Nato per il Sud Europa, Fabio Mini, assieme all’ex capo di Stato maggiore delle forze Nato in Afghanistan, Vincenzo Santo e all’ex capo di Stato Maggiore della Marina Ferdinando Sanfelice di Montefeltro. Si tratta secondo i tre generali di uno strumento alternativo al blocco navale. Quest’ultimo non è più attuabile rispetto al passato, per via delle leggi e degli accordi che sono subentrati nel frattempo. Malta in questo caso punta su un’attività di persuasione per invitare i mezzi a non oltrepassare un certo limite.
La “strage di Pasquetta”
Non sempre l’attività di persuasione posta in essere da Malta ha avuto buoni risultati. Senza andare molto indietro nel tempo, lo scorso mese di aprile è accaduto un incidente, sul quale ancora ci sono molti dubbi,costato la vita a 12 persone. Quel drammatico episodio identificato come la “strage di pasquetta” ha segnato profondamente la storia dei viaggi della speranza nel centro del Mediterraneo. Il drammatico fatto è venuto alla luce lo scorso 12 aprile a Pozzallo. Lì sono giunti 101 migranti che hanno fornito un drammatico racconto. Le persone ascoltate dalle autorità italiane hanno dichiarato di essere state raggiunte in prossimità di Malta da una motovedetta militare maltese che ha corrisposto loro viveri e anche un motore nuovo per l’imbarcazione. Da qui, il mezzo con a bordo i migranti, è stato accompagnato più in avanti per raggiungere le coste siciliane. I militari avrebbero detto agli extracomunitari che era meglio non entrare a Malta a causa dell’epidemia da coronavirus.
I migranti arrivati nel porto ragusano avrebbero anche raccontato che assieme a loro ci sarebbe stato un altro gommone per il quale La Valletta avrebbe omesso di prestare soccorso. L’omissione sarebbe stata la causa della morte di 12 persone in mare e il ritorno nelle carceri libiche di 51 superstiti. Sulla vicenda è stata aperta un’inchiesta che si è chiusa con l’archiviazione delle imputazioni a carico del premier maltese e del capo delle Forze armate.
Quegli accordi con la Libia
Sul fronte migratorio Malta si è mossa anche sotto il profilo politico. Già lo scorso 11 aprile, in piena pandemia, il governo di La Valletta ha dato il via libera a un provvedimento con il quale è stato vietato l’ingresso alle imbarcazioni con migranti a bordo, con riferimento soprattutto alle navi delle Ong. Subito dopo però, Malta si è mossa anche a livello internazionale e in primis con la Libia. Il 28 maggio scorso, in particolare, La Valletta ha raggiunto un accordo con Tripoli per la gestione dei flussi migratori. L’intesa è stata siglata alla presenza nella capitale libica sia del premier libico Fayez Al Sarraj che dell’omologo maltese, Robert Abela. Si tratta di un vero e proprio protocollo volto alla collaborazione tra le due parti per riportare i migranti in Libia prima ancora di raggiungere le acque maltesi. Un’intesa che prevederebbe, tra le altre cose, un intenso scambio di informazioni tra le Guardie costiere di Tripoli e La Valletta. Per questo accordo il governo maltese si è mostrato vicino a quello libico nel giudizio negativo sulla missione Irini, l’operazione navale voluta dall’Ue per il contrasto del contrabbando di armi verso il nord Africa.
L’intesa non è stata ben digerita soprattutto dall’Oim e dall’Unhcr, preoccupati del fatto che la Libia non è considerata porto sicuro. Ma dal canto suo il ministro degli Esteri maltese Evarist Bartolo già a giugno, nel corso di un dibattito parlamentare, ha rivendicato il successo dell’accordo parlando di almeno duemila migranti intenzionati a raggiungere Malta fermati dai libici. Complessivamente, anche La Valletta ha registrato un incremento nel numero di sbarchi tuttavia secondo le autorità locali il fenomeno è stato contenuto proprio in virtù degli accordi con Tripoli.
La percezione del fenomeno migratorio a Malta
“Il problema c’è, si sa che un problema relativo agli sbarchi esiste, ma nel dibattito pubblico maltese l’immigrazione non trova molto spazio”: a riportare questa testimonianza è Dario Morgante, direttore del Corriere di Malta, l’unico quotidiano dell’isola in lingua italiana e riferimento per la nostra comunità presente nel più piccolo Stato del Mediterraneo.
Sentito da InsideOver, Morgante ha confermato le preoccupazioni riguardanti gli approdi di barconi partiti il più delle volte dalla Libia: “Nel primo semestre di questo 2020 – racconta – abbiamo assistito a un vero e proprio boom di sbarchi e questo è stato notato dalla popolazione”. Tuttavia, il tema tra i maltesi è considerato solo in modo marginale: “Non c’è una grande attenzione su questo fenomeno – ha infatti proseguito il giornalista – Non si sono creati grandi dibattiti, né sui media e né sui social. E questa è una grande differenza rispetto all’Italia”. Il motivo, sempre secondo Morgante, ha a che fare con le dimensioni dell’isola: “Qui ad esempio il problema dell’accoglienza nemmeno si pone – ha ribadito a telefono – Siamo su un territorio molto piccolo, non c’è molto spazio per accogliere, al di là di ogni considerazione di natura politica o umanitaria il maltese sa di non poter ospitare molti migranti”. E dunque il problema viene considerato più di pertinenza di altri Paesi.
Quanto alla linea del governo, da qui ai prossimi mesi non ci saranno significative variazioni: “Nonostante molte critiche piovute dall’estero, a partire da Amnesty Internazional – ha dichiarato ancora il direttore del Corriere di Malta – non credo che La Valletta cambierà l’attuale gestione del fenomeno migratorio”.
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