“Il femminicidio si racconta così”. Il diktat della Murgia fa infuriare persino “Repubblica”
Se dici «neolingua», pensi subito a George Orwell e al suo capolavoro 1984. Ma adesso è il 2020, e al posto del Grande Fratello c’è la Grande Sorella, alias Michela Murgia. Già tristemente famosa per il «fascistometro» e il tentativo di imporre il termine «matria» a discapito di «patria», la scrittrice sarda sta continuando imperterrita la sua lotta femminista senza badare al senso del ridicolo. E così è successo che nella redazione di Repubblica è arrivato un decalogo orwelliano in cui la Murgia spiega ai giornalisti come si deve scrivere di «femminicidio».
La neolingua di Michela Murgia
Il manuale d’istruzioni si intitola Come raccontare un femminicidio ed è impregnato di precetti politicamente correttissimi, che prescindono totalmente dalla realtà effettiva delle cose. L’elenco è diviso in 7 punti, per ognuno dei quali è prevista una serie di affermazioni da utilizzare (Sì) o da scartare (No). Ad esempio, la Murgia intima ai cronisti di Repubblica di «non mettere nel titolo parole che evocano la fatalità», ma di «raccontare l’omicidio come un atto volontario e deliberato». Di conseguenza, se l’omicidio non è premeditato o è addirittura del tutto accidentale, i redattori dovranno comunque attenersi alle linee-guida della Grande Sorella. Inoltre, il giornalista non deve «far sembrare l’omicidio una conseguenza delle scelte della vittima», poiché è sempre «una decisione del carnefice». Nel concreto: «Voleva lasciarlo, lui la uccide a coltellate» è sbagliato, mentre «Uccisa a coltellate dall’ex marito possessivo» è corretto. In sostanza, non esistono neanche più i moventi nel mondo orwelliano della Murgia.
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Repubblica in crisi (e in rivolta)
Come svela La Verità, il decalogo non è affatto piaciuto ai giornalisti di Repubblica. Benché sia portata in palmo di mano dal direttore Maurizio Molinari, la scrittrice non è affatto ben vista dai cronisti della redazione, che non le riconoscono l’autorevolezza e la competenza per venir a dettar legge dall’alto del suo nulla cosmico. D’altra parte, Molinari non è mai andato giù alla truppa di Repubblica, visto che è stato catapultato in redazione direttamente dal pianeta Agnelli-Elkann, giubilando un direttore molto amato come Carlo Verdelli. Peraltro, come spiega sempre la Verità, il quotidiano è in crisi nera, visto che la nuova direzione «ha portato le vendite in edicola sotto la soglia psicologica delle 100.000 copie». E ora arrivano pure lezioncine della Murgia. E questo è decisamente troppo.
Elena Sempione