Cesare Battisti, minaccia ancora lo sciopero della fame: “Condizioni vergognose, trasferimento punitivo”
Minaccia di nuovo lo sciopero della fame l’ex terrorista Cesare Battisti, condannato all’ergastolo per quattro omicidi e arrestato nel 2019 dopo 37 anni di latitanza, ora nel carcere di Corigliano Rossano a Cosenza. In una lettera, scritta a mano e inviata al Dap tramite il suo avvocato, Battisti si lamenta del trattamento che riceve nell’istituto penitenziario: “Oltre ad essere spiccatamente punitivo sotto tutti gli aspetti, il mio trasferimento a Guantanamo Calabro equivale ad una condanna all’isolamento ininterrotto, dato anche l’impossibile contatto con i membri dell’Isis o supposti tali”. L’ex terrorista parla di trasferimento perché qualche settimana fa è stato spostato da Oristano a Cosenza, nella struttura da lui ribattezzata “Guantanamo Calabro”, ma pare che anche la nuova sistemazione non piaccia a Battisti. L’ex dei Proletari armati per il comunismo non è nuovo a questo tipo di uscite: già a inizio settembre aveva minacciato lo sciopero della fame contro l’isolamento, quando era ancora nel comune sardo.
“Voglio sperare che il Dap trovi per me una sistemazione degna di un Paese civile, senza costringermi a riprendere lo sciopero della fame. Già che è preferibile finirla in un mese, con la gioia dell’ipocrisia nazionale, piuttosto che agonizzare un anno in condizioni vergognose e insostenibili”, ha continuato nella lettera. Battisti ha spiegato che ha poco spazio a disposizione, è sorvegliato a vista e “costretto all’ozio forzato in una cella di un terzo inferiore allo spazio della precedente, sprovvista di suppellettili indispensabili”. L’ex terrorista ha denunciato anche la confisca del suo computer: “Mi hanno impedito di fatto di svolgere la mia attività di scrittore e concludere il mio ultimo lavoro rimasto in memoria”. E ancora: “A una mia richiesta, è stato provocatoriamente risposto che non risulta alle autorità una mia professione che implichi la disponibilità del computer o di altro materiale didattico. Come se non bastasse, mi è stata applicata una feroce censura. Questa non già per la supposta ‘fitta attività epistolare eversiva’, bensì con il chiaro obiettivo di impedirmi di interagire con le istanze esterne, culturali e mediatiche, grazie alle quali starei guadagnando consensi democratici e garantisti, di fronte alla vendetta dello Stato”.