L’allarme che arriva dalla Somalia: in aumento i migranti verso l’Italia
Anche se mancano ancora alcuni mesi a gennaio, il 2020 si può considerare l’anno del picco dei flussi migratori in Italia aventi come base di partenza i Paesi africani. Fra i numerosi viaggi che hanno come destinazione l’Europa e, nello specifico, la nazione italiana per l’appunto, spiccano in quest’ultimo periodo quelli che seguono la rotta somala. Quest’ultima può essere definita come un “evergreen” dal punto di vista dei movimenti migratori verso l’Italia, dal momento che hanno avuto origine già nei primi anni ’90.
Cosa sta succedendo?
Analizzando i dati resi noti dal ministero dell’Interno emerge che dall’inizio di questo 2020 ad oggi i migranti di origine somala giunti nel territorio italiano sono 569. Si tratta di un numero che inizia ad accendere un segnale d’allarme se si prendono in considerazione i dati di tutto il 2019. In questo periodo infatti i migranti che hanno seguito la rotta somala sono stati 270, ovvero meno della metà. Se si va ancora indietro nel tempo, sempre con riferimento ai dati pubblicati dal Viminale, le partenze dalla Somalia non rientrano nemmeno fra le prime 10 contemplate nel cruscotto degli arrivi del 2018. Questo testimonia che dopo un rallentamento registrato negli ultimi anni, la rotta somala ha registrato un’inversione di tendenza. Che cosa sta succedendo? Perché proprio adesso si registra questo flusso di arrivi?
Le rimesse che incrementano il Pil
Tra le ipotesi che possono spiegare l’incremento dei flussi migratori verso l’Europa, Italia compresa, vi è quella caratterizzata dall’importanza delle rimesse, ovvero quelle somme di denaro che i somali guadagnano fuori dalla loro nazione ma che inviano alle famiglie rimaste in patria. Queste somme, coma ha fatto notare il ministro delle Finanze somalo Abdirahman Duale Beileh, ammontano a circa 2 miliardi di dollari. Tradotti in termini di ricchezza contribuiscono a formare il 40% del Pil nella nazione. Il fenomeno migratorio trova la sua ragion d’essere proprio in questo grande contributo che, tornando indietro, riesce ad aiutare un Paese molto povero e con un elevato debito pubblico. Ma come accaduto per l’Italia e gli altri Paesi dell’Europa, anche per l’economia somala quest’anno gli effetti del coronavirus hanno avuto effetti devastanti. Come confermato dallo stesso ministro delle Finanze del Paese africano, a causa della crisi sanitaria determinata dalla pandemia numerosi somali stanno avendo difficoltà in ambito lavorativo e quindi ad inviare denaro ai familiari. Le rimesse hanno avuto un calo e questo potrebbe essere fonte di un incremento della povertà sul territorio. Alcuni studiosi hanno però intravisto in questo contesto la possibilità di trarre degli aspetti positivi, ovvero l’avvio di nuove strategie economiche per lanciare un nuovo piano di sviluppo.
Il ridimensionamento della rotta verso la penisola arabica
Non c’è solo il Mediterraneo come mare delle traversate e dei viaggi della speranza. Dal Corno d’Africa ad esempio è attiva da diversi anni un’altra rotta che ha come punto di approdo la penisola arabica. Da Gibuti soprattutto, ma anche dalla stessa Somalia, si parte per raggiungere le coste yemenite e da qui poi proseguire il viaggio verso Arabia Saudita, Emirati, Qatar e Bahrein. Le petromonarchie hanno un enorme bisogno di manodopera, per cui i migranti che arrivano dal continente africano hanno molte possibilità di trovare lavoro. Per questo sempre più somali hanno scelto di provare le traversate lungo lo stretto di Aden, in modo da raggiungere più agevolmente la penisola arabica.
Adesso però la situazione è mutata: il Paese di primo approdo verso le petromonarchie è lo Yemen, in cui dal 2015 è in corso una guerra in grado di generare nel giro di pochi anni un’autentica catastrofe umanitaria. Un elemento quest’ultimo che ha assunto proporzioni ancora più notevoli dal 2018 in poi. Impossibile trovare accoglienza nel territorio yemenita sempre più devastato dal conflitto e dove alla stessa popolazione locale mancano i beni di prima necessità. Si spiega in parte così la ripresa delle partenze dalla Somalia verso l’Europa e l’Italia: in migliaia stanno tornando a preferire la lenta e rischiosa risalita del continente africano per imbarcarsi dalle coste libiche. E il fenomeno potrebbe aumentare nel corso dei prossimi anni.
La situazione attuale in Somalia
Il contesto interno al Paese non aiuta di certo. La Somalia è da più di un quarto di secolo l’esempio più nitido di quello che vuol dire vivere in uno Stato fallito. Dalla caduta dell’ex presidente Siad Barre avvenuta nei primi anni ’90, il territorio è stato in mano ai locali signori della guerra e ai gruppi criminali in grado di sostituirsi del tutto all’autorità statale. A questo occorre aggiungere l’avanzata dell’estremismo islamico, con le Corti Islamiche legate ad Al Qaeda prima e con i terroristi di Al Shabaab poi. Soltanto di recente la situazione ha iniziato a intravedere primi spiragli. Nei giorni scorsi si è trovato ad esempio l’accordo per la nomina di un nuovo primo ministro, individuato in Mohamed Hussein Roble, e per l’approvazione di una nuova legge elettorale in vista del voto di novembre.
Spiragli di normalità non in grado però di cancellare del tutto i problemi economici che quelli legati alla sicurezza. Al contrario, c’è forte preoccupazione per via del crescente attivismo di Al Shabaab, protagonista soprattutto negli ultimi due anni di attentati diretti verso istituzioni e politici locali.
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