Il patto sui migranti presentato dalla Ue è una beffa: ricollocamento non obbligatorio
Altro che svolta, il nuovo Patto per i migranti annunciato da Ursula von der Leyen che dovrebbe alleggerire i paesi membri sotto pressione si rivela una beffa.
La beffa della Ue: il nuovo patto sui migranti non cambia nulla
La presidente della Commissione Ue ha introdotto la filosofia di fondo del Patto proposto agli Stati e dunque non ancora approvato. “L’Europa deve abbandonare le soluzioni ad hoc per mettere in atto un sistema di gestione delle migrazioni prevedibile e affidabile. Questo pacchetto riflette un equilibrio giusto tra la responsabilità e la solidarietà fra Stati membri”. Belle parole che nascondono il fatto che tutto resterà come prima.
Nel patto sui migranti un generico invito alla solidarietà tra gli Stati
Infatti il nuovo piano non prevede il ricollocamento obbligatorio di quote di migranti ma contiene un invito generico alla solidarietà da parte degli Stati membri verso le nazioni che più sopportano il pressing delle migrazioni. E come dovrebbe esprimersi questa solidarietà? O con il ricollocamento o gestendo i rimpatri. In pratica se uno Stato membro rifiuta di prendersi una quota di migranti potrà esprimere la propria solidarietà gestendo i rimpatri dei clandestini.
Gli Stati per aiutare dovranno gestire i rimpatri
La Commissione propone “un sistema di contributi flessibili da parte degli Stati membri” che potranno aprire le porte alla “ricollocazione dei richiedenti asilo dal Paese di primo ingresso”. O in alternativa farsi carico del rimpatrio “di persone senza diritto di soggiorno” o offrire “varie forme di supporto operativo”.
Il patto sui migranti non prevede obblighi
Il nuovo sistema, come quello in vigore, si basa quindi su forme di sostegno su base volontaria, ma “nei momenti di pressione sui singoli Stati membri saranno richiesti contributi più rigorosi, sulla base di una rete di sicurezza”.
Alleggerimento per i Paesi sotto pressione
E ancora: il regolamento di Dublino pone tutta la responsabilità per il migrante entrato illegalmente nell’Ue sul Paese di primo ingresso, salvo alcuni casi, e presenta “scappatoie che permettono ai migranti di fuggire e andare a chiedere asilo nello Stato di sua scelta. Questa proposta chiude le scappatoie e introduce modifiche che consentono una distribuzione più giusta della responsabilità”, ha detto la commissaria Ue Ylva Johansson. Citando esempi di alleggerimento della responsabilità, Johansson spiega: “Se il migrante ha già un parente nell’Ue, il Paese in cui risiede il congiunto sarà responsabile anche per il nuovo arrivato. Se il migrante in precedenza ha lavorato o studiato in uno Stato diverso dal primo ingresso, quel Paese sarà responsabile”.
Ma i rimpatri non sono facili da ottenere
La Ue deve però ammettere che i rimpatri non sono così facili da ottenere. “Attualmente l’Ue – ha detto la commissaria Ue, Ylva Johansson– ha accordi di riammissione con 24 Paesi, alcuni funzionano, altri meno. Rafforzeremo i negoziati su questo, ma intendo anche usare per la prima volta la normativa entrata in vigore a febbraio sui visti: saranno preparate relazioni annuali per i Paesi terzi in cui sarà valutato il livello di cooperazione sulle riammissioni. E questo potrà avere un effetto positivo o negativo sulla politica dei visti dell’Unione europea verso quei Paesi”. Ha quindi spiegato che per rendere più efficace la politica dei rimpatri nominerà un “coordinatore dei rimpatri” che lavorerà col “network degli esperti sui rimpatri degli Stati membri”.
Anche Giuseppe Conte è insoddisfatto
Lo stesso Giuseppe Conte non è riuscito ad applaudire il nuovo patto, precisando che serve certezza su rimpatri e redistribuzione. Certezza che non c’è anche in questo patto così come non c’era negli accordi di Malta sbandierati come una nuova pagina nella collaborazione tra i Paesi Ue sulle politiche migratorie.