La Appendino condannata a 6 mesi non si dimette: ora i grillini non gridano più “honestà “honestà”?
Il Tribunale di Torino ha assolto con formula piena, perché il fatto non sussiste, la sindaca Chiara Appendino dall’accusa di abuso d’ufficio e l’ha condannata a 6 mesi per falso ideologico in atto pubblico nell’ambito del processo Ream in riferimento al bilancio 2016. Assolta invece per abuso e falso ideologico riferiti al bilancio 2017. Per lei l’accusa aveva chiesto un anno e due mesi. La sindaca era in aula alla lettura della sentenza. I suoi legali, Luigi Chiappero e Luigi Giuliano hanno annunciato il ricorso in appello.
“Sono profondamente convinta di aver fatto tutto nell’interesse dell’ente, quindi ricorreremo. Per quanto mi riguarda porterò a termine il mio mandato da sindaca e come previsto dal codice etico mi auto sospendo dal Movimento 5 Stelle”, ha commentato Appendino. “Sono stata assolta per tre reati su quattro perché il fatto non sussiste, quindi la motivazione è particolarmente significativa, rimane in piedi un capo che riguarda il falso del 2016 su cui leggeremo le motivazioni”, ha aggiunto.
Con Appendino erano imputati anche l’assessore al Bilancio, Sergio Rolando, che è stato condannato come la sindaca e l’ex capo di Gabinetto, Paolo Giordana, condannato a 8 mesi. Prosciolto perché il fatto non sussiste il direttore finanziario del Comune Paolo Lubbia che aveva invece, scelto il rito ordinario. Per lui le accuse erano relative al bilancio 2017.
Per Appendino non scatteranno i meccanismi previsti dalla legge Severino: la sindaca di Torino, infatti, è stata assolta dal reato di abuso in atti di ufficio. “Avevamo 4 capi di imputazione, 3 sono caduti, i due abusi e il falso del 2017. E’ rimasto sul piano tecnico quello del 2016 – ha sottolineato Chiappero – speriamo di poter ribaltare anche quest’ultimo pezzo di sentenza. Aspettiamo di leggere le motivazioni ma come eravamo fiduciosi prima continuiamo a essere fiduciosi perché pensiamo di aver fatto giusto. La quantità (6 mesi, ndr) della condanna dimostra sostanzialmente l’irrilevanza del fatto. Siamo ai minimi storici di una pena, meno di così è impossibile”.
“Questo – ha concluso Chiappero – non è un fatto penale è stato trasferito qui ma è una discussione che poteva finire anche solo in Consiglio comunale perché erano tutte questioni tecniche che si dovrebbero risolvere sempre all’interno dei Consigli comunali al di là delle riforme sull’abuso d’ufficio o meno”.