Alan Kurdi in pressing sull’Italia. La Guardia costiera: “Andate in Germania”
Le Ong sono tornate a operare a pieno ritmo nel Mediterraneo e ad avanzare pretese sui confini italiani con la nave Alan Kurdi.
L’inviolabilità dei confini è solo una chimera, basta verificare ciò che sta succedendo a sud, tra l’isola di Lampedusa, continuamente vessata, e la Sicilia. Solo pochi giorni fa, dopo la farsa dei tuffi in mare dei migranti, a Open Arms è stato concesso di attraccare nel porto di Palermo ma la nave era entrata nelle acque territoriali italiane già prima di aver ottenuto il via libera. Prima ancora c’era stata la Sea-Watch 4, ora sotto sequestro nel porto palermitano, e così via.Ong, sbarchi e (zero) ricollocamenti: così è ripartita “l’invasione”
Ora Alan Kurdi naviga a ridosso del confine italiano, a meno di 5 miglia dalle acque di Lampedusa, dopo averle violate nel corso della notte. I motori sono al minimo e l’obiettivo è quello di fare pressione per ottenere l’autorizzazione all’ingresso e avere, poi, un porto. Sono 133 i migranti a bordo della nave che, come nel caso di Sea Watch, batte bandiera tedesca. Ad alzare la voce sui social contro l’Italia è Gorden Isler, executive board di Alan Kurdi. “Hanno particolarmente bisogno di protezione, devono essere evacuate rapidamente e non devono diventare oggetto di negoziazione tra i Paesi dell’Ue”, ha affermato su Twitter il responsabile della nave una volta giunto a 6 miglia da Lampedusa ieri mattina.
Isler, poche ore dopo, sempre sui social, ha informato che “il centro di coordinamento dei soccorsi di Roma non risponde da ore ai tentativi di contatto del capitano di Alan Kurdi. Questo non è il comportamento normale di un centro di coordinamento di soccorso. MRCC Brema ha inoltrato le nostre richieste alle ‘autorità responsabili’. Qualsiasi cosa significhi”. Nel frattempo, la Alan Kurdi ha continuato le sue manovre di avvicinamento a Lampedusa. Poco prima, la Ong Sea-eye che gestisce questa imbarcazione dichiarava di non aver ricevuto risposta da “Libia, Italia, Malta o Germania”.
Le lamentele sono proseguite anche nel tardo pomeriggio, quando Alan Kurdi ha reso nota la risposta della Guardia Costiera italiana. A Gordon Isler non è piaciuta la mail della nostra autorità marittima che, in tre punti, ha ribattuto in punta di diritto alle pretese della nave: “1. Tutte le operazioni effettuate dalla vostra nave sono avvenute fuori dall’area SAR italiana; 2. L’autorità italiana non ha mai coordinato o effettuato alcun tipo di azione sui casi citati; 3. In tutti i casi, secondo le nostre informazioni, le operazioni sono state gestite autonomamente da Alan Kurdi, per questo motivo sono a carico del vostro Stato di bandiera“. La mail della Guardia Costiera italiana, quindi, prosegue dando indicazioni alla nave su come procedere: “In base a quanto specificato, questo MRCC invita il capitano di Alan Kurdi di prendere contatto diretto con l’autorità SAR nazionale a Brema al fine di ricevere le istruzioni adeguate per il caso in oggetto”.
La mail chiara e diretta dell’autorità marittima ha fatto storcere il naso a Isler: “Non è così che argomenterebbe l’MRCC Roma se si trattasse di soccorsi europei. Ma provengono da 15 Paesi diversi in Asia e Africa. Immaginate che una nave italiana salvi nel Mare del Nord e Brema si riferisca a Roma. È grottesco“.https://platform.twitter.com/embed/index.html?dnt=false&embedId=twitter-widget-0&frame=false&hideCard=false&hideThread=false&id=1307706598559801346&lang=en&origin=https%3A%2F%2Fwww.ilgiornale.it%2Fnews%2Fcronache%2Falan-kurdi-insiste-sul-confine-italiano-guardia-costiera-li-1891533.html&theme=light&widgetsVersion=219d021%3A1598982042171&width=550px
La situazione in Sicilia, tra barchini e Ong, è nuovamente al tracollo e il governatore Nello Musumeci in queste ore ha nuovamente alzato la voce per chiedere aiuto: “Se non bastassero i barchini, le navi quarantena sono piene di persone portate dalle Ong. Anche in questo il governo non ha voluto raccogliere la nostra proposta. Avevamo detto una cosa di buon senso: se la Sicilia deve gestire gli sbarchi autonomi, non può sopportare anche quelli programmati dalle Ong, che andrebbero quindi destinati in altri porti europei. Risultato: navi piene e hotspot stracolmi. Con rischio di contagio per chi arriva, per gli operatori e per la collettività”.
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