Rai contro Andrea Romoli, giornalista del Tg2: “Clandestino violento” l’assassino di Don Roberto Malgesini, vogliono punirlo
È necessario, in questa Italia folle, chiarire un concetto: non è che uccidere un santo rende santo l’assassino. Le due parti in tragedia non coincidono. Invece siamo arrivati a questo: parlar male del tunisino Ridha Mahmoudi, che ha piantato il coltello nella gola di don Roberto Malgesini, è considerato oggi dall’opinione pubblica della sinistra, che domina una Rai al servizio dei giallorossi, un reato imperdonabile, sicuramente più grave del martirizzare il prete che gli porgeva la mano per amore. Vietato esporre le circostanze fattuali, che di per sé hanno il torto di sembrare un’opinione, ma si limitano solo a raccontare la realtà. Trattasi di un immigrato, clandestino, pregiudicato per estorsione, allontanato dalla famiglia perché maltrattava la moglie. Folle? La nomea si è diffusa subito, per il comodo di una narrazione dove colpevole è chi non lo ha accolto e lo ha vessato. Per il gip che lo ha interrogato attentamente era però perfettamente in grado di intendere e di volere, al punto da avere premeditato lo sgozzamento. Il fatto che avesse immaginato un complotto ordito da prefetto, medico e prete per sbatterlo fuori dall’Italia, non è indice di incapacità di intendere e di volere. Abbiamo deputati e sottosegretari che giurano sull’esistenza delle sirene e sostengono la congiura delle scie chimiche.
E ci governano. Ridha è pure così furbo che per sembrare matto ha prima confessato il delitto, poi ha negato di essere lui ad aver pugnalato il suo benefattore. Guai a dirlo. Bisogna avvolgere l’assassino in un’aura di inconsapevolezza, perché come è noto i clandestini sono buoni per definizione e se uccidono è perché sono stati innervositi dall’ingiustizia fino a perdere la trebisonda. Un giornalista del Tg2, Andrea Romoli, dopo aver confezionato un servizio che nessuno ha contestato sul delitto di Como, avendo esibito i fatti nella loro cruda sostanza e insieme mostrato l’inermità evangelica dell’agnello sgozzato, si è permesso da privato cittadino di esprimere la sua opinione e un giudizio politico. Ha scritto sui social, senza nascondersi dietro uno pseudonimo: «L’omicida è un immigrato clandestino violento e mafioso. Gli immigrazionisti che sui media e la rete cercano, come al solito, di derubricare l’ennesimo atto di violenza da parte dei migranti come atto di follia devono farsene una ragione. Siamo in pericolo, tutti». «solo uno squilibrato» Gli risponde subito un portavoce del pensiero correttissimo: «È solo uno squilibrato. Che sia immigrato, clandestino, rosso o verde è un problema tuo e di chi la pensa come te». Tradotto: sei un uomo bacato di dentro. La colpa? Nega il dogma per cui la malizia e l’odio consapevoli non possono albergare nelle anime dei clandestini. In quale archivio segreto, in che fascicolo della Procura si trova questa diagnosi psichiatrica? A parte il fatto che a noi pare francamente razzismo sostenere a priori che se uno è immigrato non può essere uno come tutti gli altri, cioè un uomo dotato di libero arbitrio, capace persino di uccidere, avendo il quoziente intellettuale a posto, ma deve essere paternalisticamente considerato un minus habens, un mentecatto, perché non è ragionevole uccidere chi ti fa il bene. In realtà è una storia vecchia come l’umanità: l’invidia fa odiare chi ti ama disinteressatamente. Figuriamoci. Stravince l’ignoranza assoluta dell’animo umano. Replica e controreplica. Finché Romoli con il più classico dei linguaggi da Facebook sbotta: «Non è stato ucciso da uno squilibrato, ma da un cazzo di immigrato clandestino con decreto di espulsione non eseguito, che grazie agli immigrazionisti e ai buonisti vari era ancora in giro». Ahia. Che bisogno c’è di un’altra prova? È «razzista» scandisce il sito Globalist, bene introdotto nell’ambiente Pd e ultrasinistra. Che ci fa in Rai uno che pensa addirittura che i clandestini dovrebbero essere rimandati a casa, magari prima che ammazzino? Noi saremmo umilmente dell’idea che, se proprio devono avere uno scompenso psichico, sarebbe auspicabile l’abbiano in patria, o no? Pare di no. Il coro peloso dei buoni insiste: mettere in dubbio la malattia mentale dell’aggressore è razzismo, non si fa. rivolta in commissione Dalla giungla dei social esce con lo scalpo di Romoli in mano uno degli esponenti della maggioranza rosso-gialla in Commissione parlamentare di vigilanza, il presidente dei senatori di Italia Viva,
Davide Faraone, emette la sentenza. Sia licenziato dalla Rai. Perché? «Per questo signore qui, uno di quelli che non incontri al bar, ma ogni sera alle 20 al Tg2, perché fa il giornalista e dovrebbe attenersi ai fatti, per questo signore qui il killer di don Roberto Malgesini non è un folle». Si presenti subito ai magistrati, caro senatore. Estragga la perizia psichiatrica che sicuramente avrà trovato in qualche recesso di Twitter. L’accoltellatore è un folle, dica «lo giuro» in Tribunale. Le opinioni politiche del giornalista del Tg2 sono discutibili, ma certo. Dare ad esempio delle «merde» a «immigrati e fascisti», facendone un sol fascio, come gli scappa prima di cancellare il tutto, è un parere alquanto esagerato. Ma resta una intemerata privata.
Non esiste nessuna opinione, ancorché detestabile, salvo l’istigazione alla violenza, che consenta sanzione disciplinare e tantomeno l’esilio dal contesto civile di chicchessia. Magari invece sarebbe richiesta una piccola rettifica a Faraone, vista la decisione del gip di Como di non considerare affatto folle il (presunto) assassino: chi ha nominato psichiatra forense Faraone? Sarà mica un criminologo? Niente da fare, il capo dei senatori renziani insiste: «Romoli è un cattivo esempio che non può stare nella principale industria culturale del Paese». Insomma: lo si cacci. I clandestini rivelatisi assassini, no. I decreti di espulsione si applicano per i giornalisti che denunciano l’illegalità immigrazionista, foriera di tragedie. E la Rai che farà? Seguirà il Faraone con tutti i suoi carri, cavalli e cavalieri. Le agenzie segnalano che «a viale Mazzini la Rai sta acquisendo la documentazione necessaria per avviare le valutazioni sotto il profilo disciplinare». Che tristezza. Che brutto Paese.